«Sanità ancora in crisi, le Feste spaventano»
Richeldi (Gemelli): troppi non si curano a casa, riusciamo a farcela grazie alle regole rigide
L’epidemia è in flessione. E negli ospedali?
«È vero, i dati mostrano un miglioramento, ci sono meno ricoveri in terapia intensiva e in medicina. Il sovraccarico di lavoro in ospedale resta però notevole». Luca Richeldi, pneumologo del Policlinico Gemelli, componente del Cts, è appena uscito dal reparto.
Come mai?
«Molti pazienti che potrebbero essere curati a casa si fanno prendere dal panico e vanno al pronto soccorso. Il problema è portare avanti le attività quotidiane occupandoci dei malati con sindromi respiratorie acute diverse dal Covid che in inverno aumentano.
Fare le diagnosi differenziali in sicurezza richiede grande impegno di spazi e personale».
Troppi pazienti con Covid ospedalizzati potrebbero essere curati a casa?
«Spero che la recente circolare del ministero della Salute sulla gestione delle cure domiciliari abbia l’effetto di portare in ospedale solo chi ne ha davvero bisogno. Adesso riusciamo a farcela perché stiamo raccogliendo i risultati di misure molto rigide. Siamo preoccupati». Di cosa?
«Le festività sono un momento di spensieratezza che favorisce i contatti tra individui. Spero non si traducano in una nuova ondata di contagi le cui conseguenze sconteremmo più avanti. Il servizio sanitario è già sotto stress, dover sostenere un nuovo scossone sì, fa proprio paura».
Siamo a un bivio?
«Se nelle prossime settimane si riuscissero a mantenere comportamenti responsabili potremmo cominciare a sperare di non dover più contare tanti morti».
In Lombardia nella seconda ondata i morti sono stati 5mila. Come mai così tanti?
«L’eccesso di mortalità, vale a dire il numero di morti in più rispetto all’anno precedente, è simile a quello degli altri Paesi, tranne la Germania. La Lombardia è una regione molto abitata, ha molte città di media grandezza e una popolazione composta da tanti anziani con patologie che peggiorano la prognosi. È alta anche la concentrazione di Rsa». Il vaccino sarà la svolta?
«Non aspettiamoci effetti immediati. È molto incoraggiante quello che riportano i primi dati. Dopo la seconda dose i vaccini proteggono dalle forme di malattia più gravi. Quindi tanti anziani saranno al sicuro e gli ospedali assisterebbero a una significativa decongestione». Ritorno alla vita normale?
«Quando una certa percentuale di popolazione sarà vaccinata e il virus comincerà a rallentare potremmo riprendere gradualmente una vita di relazioni meno sacrificata».
Nella vaccinazione priorità a operatori sanitari e socio sanitari. Tante persone anziane vivono con i badanti. Vaccinarli?
«Sono d’accordo. Non bisogna dimenticare forme di assistenza domiciliare non del tutto riconosciute. I badanti svolgono un ruolo insostituibile. Siamo pragmatici. La salute dei nostri anziani è un bene superiore, non possono rischiare di essere contagiati da chi si prende cura di loro».