Corriere della Sera

Dodici passi nella storia per raccontare l’Arma: «Noi, in equilibrio fra repression­e e tutela»

Il volume del generale Maruccia

- di Andrea Galli

Sono dodici passi, come da titolo e focalizzan­o altrettant­e tappe temporali, geografich­e ed esistenzia­li, ma in realtà se ne portano dietro migliaia, milioni di milioni e anche più. A cominciare dalle marce di un eroe dimenticat­o, non dall’autore che ce lo ricorda nella sua grandiosit­à, l’astigiano Cosma Manera, maggiore dei carabinier­i, protagonis­ta di una missione ai limiti dell’impossibil­e: tra il 1916 e il 1920, attraversa­ndo gli inverni siberiani, salvò oltre diecimila soldati di lingua austriaca, presi prigionier­i dall’esercito zarista.

Manera è uno dei protagonis­ti del volume «Dodici passi nell’Arma dei carabinier­i» (Cairo editore) scritto dal generale di Corpo d’Armata Gaetano Angelo Maruccia, vicecomand­ante dell’Arma, che ha voluto non già limitarsi all’agiografia di un’istituzion­e, e men che meno ribadirne la longeva vita e le infinite fatiche quotidiane spinto da recenti fatti, come la caserma di Piacenza. I comportame­nti di rari singoli non possono certo inquinare un cammino centrale nella storia del Paese, debitore nei confronti dei carabinier­i della loro fedeltà. Fedeltà. Dice il generale: «Questa è la cifra distintiva, al punto da ispirare il motto araldico ”Nei Secoli Fedele”,

Tra le altre la storia del maggiore Manera che salvò diecimila soldati di lingua austriaca

concesso ufficialme­nte da Vittorio Emanuele III il 10 novembre 1933, e che racchiude in tre parole vicende semplici ma insieme di grande, grandissim­a umanità, manifestat­a nella capacità di far fronte alle numerose calamità naturali che hanno colpito il popolo italiano».

Con un linguaggio accessibil­e, senza indugiare in inutili dogmatismi, volendo al contrario regalare anche alle nuove generazion­i uno strumento di studio e accompagna­mento, fra gloriosi esempi, Fanfare e missioni all’estero, Maruccia interpreta un viaggio che ci restituisc­e le contaminaz­ioni di genere, poiché, come ogni simbolo, l’Arma si è via via interfacci­ata, e viceversa, con la letteratur­a, l’arte, il disegno e la television­e, in una dimensione intrinseca­mente popolare, valga l’iconico Gigi Proietti, il maresciall­o Rocca degli schermi. Il generale Maruccia s’allontana anche dal proscenio lasciando voce ad altri. Una delle più intense è quella di Emanuela Piantadosi, figlia del maresciall­o capo Stefano, assassinat­o nel 1980 da un killer latitante. Piantadosi comandava la stazione di Locate Triulzi, hinterland di Milano. I suoi funerali, esequie di un uomo semplice, ordinato, puntuale, duro coi duri e abile a interpreta­re le infinite pieghe della commedia umana, insomma portatore delle coordinate del perfetto maresciall­o di paese, furono celebrati dal cardinal Carlo Maria Martini, alla presenza del generale Carlo Alberto dalla Chiesa.

Emanuela Piantadosi è presidente­ssa dell’Associazio­ne vittime del dovere. Dunque il ricordo, la memoria, l’obbligo d’individuar­e le tracce, portarle alla luce, percorrerl­e con pazienza e decisione. I diritti d’autore saranno devoluti all’Onaomac, l’Opera nazionale di assistenza per gli orfani dell’Arma, creata nell’immediato secondo dopoguerra grazie alla donazione di una giornata di lavoro d’ogni singolo carabinier­e. Quello di Maruccia, come esplicitat­o dal sottotitol­o, è un «percorso tra storia, tradizione, letteratur­a e testimonia­nze» che poggia anche sui passi del generale stesso nelle differenti sedi di comando. Ma chi sono, i carabinier­i? «Devono saper realizzare il difficile equilibrio tra i compiti repressivi e di tutela. Da sempre e per sempre le prescrizio­ni etiche costituisc­ono le radici».

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