Corriere della Sera

«Stop ai sospetti, io non tramo contro Conte»

Nella coalizione si teme che Italia viva punti a far saltare l’esecutivo L’irritazion­e degli alleati al summit. Anche i governator­i in pressing

- di Monica Guerzoni

Andare avanti così non si può più, lo gridano uno dopo l’altro i vertici del Pd e di Italia viva e, a giudicare dal nervosismo e dallo smarriment­o che segnano i volti a Palazzo Chigi, deve averlo capito anche il presidente del Consiglio. Raccontano i ministri che l’assalto dei renziani Boschi e Rosato al tavolo di maggioranz­a abbia «basito» il premier, al quale ormai è chiaro, per dirla con un esponente del governo, «che il problema di Renzi non è tanto il merito delle cose, quanto la volontà di far saltare Conte».

In questo clima irrespirab­ile si apre una settimana cruciale per il destino del governo e quindi del Paese, già stravolto dalla pandemia. Oggi in Consiglio dei ministri Conte otterrà che il primo atto della trattativa sulla governance del Recovery si chiuda, nella sostanza, come lui sperava. Cioè con l’unità di missione a tre, che farà da raccordo e coordiname­nto dei progetti con il supporto dei sei top manager della task force. Ma i renziani, per quanto la risposta di Conte sia stata «pacata e controllat­a», se ne sono andati sbattendo la porta: reazione che i ministri degli altri partiti non avrebbero gradito.

Anche il Pd si è fatto sentire. Spronando e strattonan­do il premier («Governare non è tirare a campare»), Zingaretti ha ottenuto che la cabina di regia, che avrà poteri speciali per accelerare gli investimen­ti, non potrà sostituire i ministeri di spesa né le Regioni. Le quali a loro volta hanno lanciato segnali. Lazio ed EmiliaRoma­gna hanno chiesto alla Ue, assieme ad altre 22 Regioni europee, di essere coinvolte sul Recovery e sui rispettivi piani nazionali. Una mossa che i due governator­i del Pd, Zingaretti e Bonaccini, hanno provato a sminuire nella portata politica ma che comunque è arrivata a Palazzo Chigi come un altro avviso ai naviganti, o meglio al timoniere.

La barca della maggioranz­a è in tempesta, le falle si aprono una dopo l’altra e nel Pd temono ormai che il timone possa sfuggirgli di mano. Non a caso Franceschi­ni ha messo in guardia i compagni di avventura: l’incidente è dietro l’angolo. La posta in gioco è altissima. I 209 miliardi del

Recovery hanno innescato il tutti contro tutti e mercoledì si vota sulla riforma del Mes. Il M5S rischia di perdere pezzi eppure non è il partito più grande della coalizione a far tremare Palazzo Chigi. «Renzi si alzerà in aula al Senato e dirà che il governo finisce qui», è il tam tam la cui eco è rimbalzata fino ai piani alti di Palazzo Chigi. Nel Pd nessuno mostra di crederci davvero, eppure tutti mediano e trattano, nel tentativo di convincere Renzi che, se Conte cade, non c’è un altro premier ma ci sono le urne. «No comment», è la reazione di Palazzo Chigi. Ma ora tocca al premier dare un colpo al timone per impedire che la barca affondi.

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