Il mercatino che si riempie con gli oggetti di chi è morto
Anche se è stato spostato in periferia, quello che era il mercato delle pulci del Balon, uno dei simboli di Torino, è ancora uno dei luoghi dove è più facile annusare l’aria che tira in città. Il serpentone di stracci stracolmi di vestiti logori, cianfrusaglie e rifiuti è da sempre una cartina al tornasole delle sue trasformazioni. L’ultima è quella più dolorosa. Negli ultimi mesi, il bazar della disperazione si è riempito dei ricordi delle persone scomparse per colpa del Covid. «Sui banchi si è moltiplicata la quantità di carta: fotografie, diari, stampe. È una cosa strana. Di solito la maggioranza della merce in vendita proviene dai cassonetti, dove, però, è difficile che finiscano gli album di famiglia. Le foto si conservano in salotto. Sono i ricordi e gli oggetti dei tanti torinesi deceduti nelle ultime settimane». A spiegarlo è Salvatore Planeta, il presidente dell’associazione che da vent’anni organizza il famigerato suk. Si svolge ogni sabato e domenica mattina. Quasi 400 venditori non professionisti (il 20 per cento sono italiani) danno vita a un mercatino di sopravvivenza. Dopo il primo lockdown, l’Area del Libero Scambio, come è chiamato dal Comune, offre merce diversa. «In vendita ci sono oggetti più vecchi del solito. Provengono dalle cantine e non dai cassonetti», spiegano i frequentatori più assidui. Il Piemonte è stata una delle Regioni più colpite dalla pandemia. A Torino, si è registrato un aumento record dei decessi a novembre. A testimoniarlo sono i tanti quadri, molto spesso di scarso valore, finiti in offerta domenica mattina. Dipinti che decoravano le pareti di quegli appartamenti che, per via del pandemia, sono rimasti orfani degli inquilini.