«Impossibile sapere quanti l’abbiano preso La copertura sia totale»
L’infettivologo Andreoni: troppe incognite
Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive, cosa consiglia a chi ha già avuto il Covid-19?
«Da medico gli proporrei di vaccinarsi se appartiene, per età, alle fasce di popolazione che potranno essere immunizzate per prime secondo il piano del ministero della Salute».
Il commissario per l’emergenza Arcuri ha annunciato che chi ha avuto il Covid non verrà vaccinato per primo né per secondo perché non è urgente. Quindi?
«È difficile immaginare che ci sarà una selezione, tu sì, tu no. Mi sembra più semplice dal punto di vista organizzativo immunizzare anche chi dovrebbe avere già sviluppato le difese. La finalità di una campagna di vaccinazione di massa è quella di dare la massima protezione possibile alla comunità».
Fare la profilassi dopo essere guariti è rischioso?
«No, tutt’al più il vaccino funge da richiamo. Una seconda dose che si aggiunge a quella naturalmente indotta dall’infezione da Sars-CoV-2. Un’altra considerazione. Almeno il 3% degli italiani, probabilmente il doppio, sono stati contagiati ma sono rimasti asintomatici e non sanno di essere immuni».
Quindi?
«A maggior ragione, non sapendo di avere gli anticorpi, andranno a fare il vaccino. Sarebbe anti economico sul piano organizzativo andare a distinguere con i test sierologici i cittadini suscettibili al virus da quelli che lo hanno già incontrato».
Come funziona con le altre malattie infettive?
«In linea di massima non è indicato vaccinarsi se si è avuta la malattia. Si presume che sia presente la protezione sufficiente. Non dimentichiamo che l’infezione naturale produce una stimolazione superiore a quella indotta dalla profilassi. Però nel caso del
Sars-CoV-2 sono da mettere in conto diverse incognite».
Quali?
«Non sappiamo quanto dura l’immunità in chi si è ammalato. Inoltre, sono stati descritti diversi casi di reinfezione dopo la guarigione. In più è stato visto che alcuni pazienti dopo la malattia non hanno conservato gli anticorpi. Sono tre caratteristiche speciali di questo virus e servono ancora studi di approfondimento».
È giusto dare la priorità a chi non ha conosciuto l’infezione?
«Sì, a parità di età e di fragilità dovuta a altre patologie, è più urgente vaccinare i cittadini suscettibili al virus».
I vaccini di cui si parla sono sicuri?
«Se superano l’esame delle agenzie regolatorie sono sicuri, possiamo esserne certi. Vacciniamoci. L’unica incognita è se, oltre a prevenire le forme gravi di Covid in una percentuale che va dal 90 al 95%, a seconda del farmaco, impediscono la trasmissione del virus. La probabilità di questa seconda efficacia è molto alta».
Una volta vaccinati, via la mascherina?
«Non illudiamoci. Innanzitutto bisognerà ricevere una doppia inoculazione, a distanza di circa un mese l’una dall’altra. Bisogna aspettare
Anticorpi
Ci sono stati diversi casi di reinfezione. Nessun rischio a vaccinarsi anche se ci si è ammalati
prima di poter allentare le misure di distanziamento».
L’epidemia è in remissione?
«No. Parlare di riapertura di alcune attività dopo le feste di Natale mi sembra una pazzia. La terza ondata va prevenuta, non si può stare dietro ai dati attuali, in miglioramento. Vediamo che succede più avanti».
E sul fronte delle cure?
«C’è un unico antivirale specifico contro questo virus, il Remdesivir sul quale esistono però dati contrastanti (l’Oms, per esempio, lo sconsiglia, ndr). Va utilizzato bene, precocemente e allora dà buoni risultati. Ho la sensazione che si attenda troppo prima di somministrarlo».
E gli anticorpi monoclonali?
«Siamo in attesa di sperimentarli anche in Italia. Anche in questo caso andranno utilizzati nelle primissime fasi della malattia».