Sofia, curata con il farmaco più costoso di sempre
Napoli, 6 mesi e una malattia rara: per la terapia spesi 1,9 milioni
Sofia è una bambina di meno di sei mesi, è nata con una malattia genetica tanto rara quanto letale e aveva davanti a sé una prospettiva di vita ancora di un anno o poco più. Invece Sofia crescerà. Quel tragico conto alla rovescia iniziato con la diagnosi di Sma — atrofia muscolare spinale di tipo 1 — è stato interrotto dall’équipe dell’unità operativa complessa di Neurologia del Santobono, guidata dal dottor Antonio Varone.
Un evento straordinario, perché all’ospedale pediatrico napoletano è stata utilizzata per la prima volta una terapia innovativa autorizzata in Europa nel maggio scorso ma che l’Italia ha inserito nei propri protocolli soltanto il 17 novembre, quindi meno di un mese fa. Una terapia assolutamente proibitiva a livello privato e difficile da affrontare anche per la sanità pubblica: la spesa richiesta per ogni singolo trattamento è di un milione e novecentomila euro, e questo fa del nuovo farmaco contro l’atrofia muscolare spinale di tipo 1 il più costoso al mondo. Per poter curare la piccola Sofia è stato quindi necessario un importante sforzo che ha visto operare in sinergia il Servizio farmaceutico regionale e varie aree del Santobono: la direzione aziendale, quella sanitaria, la farmacia ospedaliera e il settore Acquisizione beni e servizi.
Il successo principale resta però dei medici, ai quali rivolge il suo pensiero Luigi Russo, il papà di Sofia, che nei giorni scorsi, dopo una settimana di monitoraggio per valutare eventuali effetti collaterali, è stata dimessa ed è tornata a casa. Dice Luigi: «Per noi la Sma era un tunnel senza fine ma adesso, con questo farmaco, possiamo finalmente sperare di vedere la luce, e io non posso che ringraziare il dottor Varone e tutti i suoi collaboratori che ci hanno sostenuto e continuano a sostenerci. Spero tanto che la nostra piccola possa far da guida a tutti gli altri bambini affetti da questa malattia».
La Sma è una malattia che insorge subito dopo la nascita e incide sul sistema neuromuscolare, causando una debolezza sempre più grave che con il tempo compromette, fino a inibirle, le capacità di deglutizione e anche di respirazione. Il nuovo farmaco riesce, però, a intervenire direttamente sulla causa, correggendo il problema genetico e consentendo alle cellule motorie del midollo spinale di produrre la proteina mancante. Ciò determina la completa regressione della malattia.
«Negli ultimi anni l’introduzione di terapie innovative ha contribuito a cambiare radicalmente la storia clinica di una patologia che rimane a oggi una tra le prime cause di mortalità infantile», spiega il dottor Varone. Che pone anche una questione determinante: «L’avvento di queste soluzioni terapeutiche rende quanto mai attuale la necessità di una sempre maggiore sensibilizzazione verso la diagnosi precoce, da realizzare attraverso l’implementazione dei progetti di screening neonatale».
Come già avviene al Santobono. Che, sottolinea il commissario straordinario Anna Maria Minicucci, «fa parte ormai a pieno titolo delle principali realtà sanitarie pediatriche italiane ed europee».
«Per noi era un tunnel senza fine, finalmente ora possiamo sperare di vedere la luce»