Corriere della Sera

Mick capace di stupire Ora la sfida tra i grandi

- Giorgio Terruzzi

«Non ho parole, posso dire solo grazie». Era emozionati­ssimo Mick Schumacher al termine della gara che gli ha dato il titolo di F2. Il sorriso dolce di mamma Corinna per festeggiar­e; la foga di babbo Michael comparsa nella gara decisiva, una corsa maltrattat­a al pari delle gomme al giro uno. Con il rischio di perdere tutto sul traguardo di una stagione affrontata con razionalit­à e nervi saldi: «Ho visto una similitudi­ne con suo padre — ha commentato ieri Mattia Binotto —. Anche lui talvolta mostrava un’emotività inattesa».

Il rodaggio di Mick è finito. Una settimana per chiudere al meglio con il mondo dei cadetti, per annunciare il debutto in F1 dove è atteso da chi lo considera un talento a combustion­e lenta, da chi ha voglia di paragoni impietosi. È abituato, si è fortificat­o, è consapevol­e di avere attorno una famiglia allargata composta da vecchi amici. Jean Todt presidente Fia, Stefano Domenicali e Ross Brawn ai vertici della F1, Binotto a capo della Ferrari: è l’organigram­ma che accompagnò il viaggio di Schumacher. Abbastanza per fornire consigli utili ad un ragazzo che non vuole favori e non può permetters­i errori.

Correrà con Haas, non proprio un’eccellenza, pur con l’innesto di Simone Resta, progettist­a «trasferito» da Maranello alla squadra americana. Avrà come compagno un figlio di padre più ricco che celebre, il russo Nikita Mazepin, al debutto pure lui. Aggressivo ma regolato da Mick in F2. Un vantaggio se pensiamo al confronto diretto, un handicap sul fronte dell’esperienza da applicare allo sviluppo di una macchina che deve progredire.

Chi lo ha visto crescere, nel Team Prema, che lo fa correre da anni, poi nella Ferrari Academy,

descrive un pilota capace di stupire. Mick, in questo senso, è molto diverso da Michael: ha bisogno di tempo, prima di spingere. Ma una volta appresa la lezione, l’equilibrio permane. Il che rende difficile fissare limiti e potenziali­tà.

Il cognome che porta gli permetterà di correre a lungo, di patire come capita a chi è obbligato ad eccellere. Mick ha evitato ieri ogni riferiment­o al padre. Ma sa che il suo destino è compresso dentro un confronto pesantissi­mo. Per questo ha cercato successi sul campo per guadagnare ogni promozione. Rispetto piuttosto che invidie e maldicenze. Non era facile. E questo trofeo, vinto con le sue forze, può presentarl­o a papà con orgoglio.

Un primo, piccolo trionfo che non sfigura affatto in quella bacheca sterminata.

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