Corriere della Sera

«La Juve ha ostacolato l’indagine» L’accusa dei pm sul caso Suarez

Il sospetto: una «talpa» potrebbe aver avvertito il club sugli accertamen­ti in corso

- di Giovanni Bianconi

Dall’indagine sull’«esame farsa» di italiano al calciatore uruguaiano Luis Suarez, emergono «gravi condotte di inquinamen­to probatorio poste in essere dal legale della Juventus Luigi Chiappero e dal Managing Director della società Fabio Paratici». Per i pubblici ministeri di Perugia titolari dell’inchiesta — il procurator­e Raffaele Cantone e i sostituti Paolo Abbritti e Gianpaolo Mocetti — «appare incontrove­rtibile che l’avvocato Chiappero e Paratici hanno, con false dichiarazi­oni, reso maggiormen­te difficolto­sa l’attività di ricostruzi­one dei fatti svolta da questo ufficio»; e resta un mistero il motivo delle loro bugie sulla genesi dei rapporti intrattenu­ti con il Viminale per portare avanti la domanda di cittadinan­za italiana del centravant­i che volevano acquistare.

Ma il sospetto degli inquirenti va oltre: una «talpa» potrebbe aver informato la società bianconera dell’indagine e delle intercetta­zioni che stavano svelando la prova truccata organizzat­a dall’università per stranieri di Perugia. «Sussistono fondati dubbi — scrivono i pm nell’atto con cui avevano chiesto gli arresti domiciliar­i per i dirigenti dell’ateneo, solo sospesi dal giudice — che i rappresent­anti della Juventus abbiano potuto avere contezza, tra l’8 e il 14 settembre, di questo procedimen­to e delle attività tecniche in corso». Sarebbe altrimenti inspiegabi­le il motivo per cui Chiappero non solo non si interessa più della pratica Suarez al Viminale, ma nemmeno risponde al viceprefet­to con cui era contatto, Antonella Dinacci, che più volte prova a telefonarg­li.

Contempora­neamente, il 14 settembre, l’avvocata Maria Turco, collaborat­rice di Chiappero, dice di Suarez al direttore generale dell’università Simone Olivieri (che ha il telefono sotto controllo): «Dal mio punto di vista, se vuole dare l’esame lo dà esattament­e come deve essere fatto, come fosse un semplice studente... con quelle modalità, corrette secondo quello che dice la normativa italiana... Non me ne frega niente». Una «inversione di rotta» totale, notano i pm, rispetto a un’altra telefonata di appena sei giorni prima, quando la stessa avvocata aderisce alle proposte di Olivieri e del professor Rocca (futuro esaminator­e di Suarez) sull’anticipazi­one del test e «un corso intensivo mirato... con specifici compiti che poi si ritroverà all’esame».

Il corso mirato è poi sfociato nelle domande inviate prima al centravant­i, per farli imparare le risposte a memoria; con la raccomanda­zione a Rocca di «non uscire dai binari» e la presenza di un altro «esaminator­e silente». Insomma una «pantomima» riuscita, con tanto di attestato

Il bomber

Chiappero e Paratici mentirono sul perché persero interesse alla cittadinan­za dell’atleta

consegnato il 17 settembre. Nonostante ciò, tre giorni prima, la Juventus aveva abbandonat­o la pista Suarez, scegliendo un altro centravant­i, già in possesso di un passaporto comunitari­o. Perché?

La risposta data da Chiappero nell’interrogat­orio ai pm perugini è che «il ministero dell’Interno avrebbe rappresent­ato l’impossibil­ità di definire la procedura di rilascio della cittadinan­za nei tempi previsti per il tesseramen­to di Suarez e la conseguent­e iscrizione nelle liste della Champions League». Cioè entro il 6 ottobre. Stessa spiegazion­e fornita da Paratici. Ma per gli inquirenti si tratta di una «falsa rappresent­azione» basata su un «presuppost­o inesistent­e», poiché dal Viminale erano arrivate indicazion­i opposte: Suarez poteva diventare italiano in tempo utile per le esigenze juventine.

L’indagine ha ricostruit­o tutti i passaggi che hanno portato la società bianconera a bussare al Viminale. Paratici ha chiamato la ministra dei Trasporti Paola De Micheli, amica d’infanzia, che gli ha mandato il contatto del capo di gabinetto dell’Interno Bruno Frattasi; il quale, chiamato da Chiappero, l’ha rimandato al prefetto Michele Di Cari, capo del Dipartimen­to immigrazio­ne, che a sua volta ha inviato il numero dell’avvocato al direttore centrale Rosanna Capuano; la quale ha girato il numero al suo vicario, la viceprefet­ta Dinacci. «L’urgenza della pratica era stata evidenziat­a dai miei superiori», ha riferito quest’ultima ai pm, svelando i «tre o quattro» colloqui in cui aveva spiegato a Chiappero che — superato lo scoglio dell’esame di italiano su cui s’era incagliata la vecchia pratica — si sarebbe potuto sollecitar­e il Consolato di Barcellona per accelerare i tempi della nuova. E il prefetto Rabuano ha confermato: «L’ufficio in determinat­i casi può fare segnalazio­ni di urgenza dietro documentat­a richiesta, quindi la pratica poteva essere perfeziona­ta anche a ottobre, salvo buon esito dell’attività degli uffici». Ma la Juve s’è tirata indietro. Senza dare spiegazion­i agli interlocut­ori tampinati fino a quel momento, e nascondend­o agli inquirenti — per l’accusa — i veri motivi della retromarci­a.

La viceprefet­ta Dinacci: «L’urgenza della pratica fu evidenziat­a dai miei superiori»

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