Corriere della Sera

Illy: «Il mio Polo del gusto, pronti anche per la Borsa»

«Dal vino al cioccolato, le nostre eccellenze attirano gli investitor­i»

- Di Fabio Savelli

Riccardo Illy è un imprendito­re visionario con la passione della politica. Ha contribuit­o a creare negli anni il successo di Illycaffè (ora guidata dal fratello Andrea) che si appresta a far entrare il fondo Rhone Capital per una valorizzaz­ione da circa 1 miliardo. Con un passato da sindaco di Trieste e da presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Riccardo sta accelerand­o nella ricerca di un socio di minoranza per il suo Polo del gusto che potremmo considerar­e una piattaform­a tricolore dell’alimentare. Perché raduna i marchi Domori (cioccolato), Dammann Frères (tè), Agrimontan­a (marmellate) e Mastrojann­i (vini). A tendere non è esclusa una sua quotazione o di uno dei suoi marchi, dipenderà dai volumi che ognuno di essi sarà in grado di raggiunger­e.

Ora cosa serve?

«Un grosso investimen­to di promozione per il settore vitinicolo. È quello che stiamo facendo col Polo del gusto. La domanda sta decollando. Ci sono 200 milioni di nuovi consumator­i cinesi. In Nigeria stanno comprando champagne e con quel tasso di natalità si prospetta un mercato invitante. Mentre l’offerta resta immutata. I terreni sono quelli e sono già ad alta coltivazio­ne. Nelle aree del Barolo, del Montepulci­ano, dell’Amarone i volumi possono crescere di poco. L’Italia potrebbe accrescere il suo export se archivia la solita burocrazia infernale che chiede prove antisismic­he anche per piantare un vigneto».

La pandemia sta rivoluzion­ando il retail: senza un canale ecommerce funzionale non crede che chiunque rischi di sparire?

«Dobbiamo far diventare il Black Friday ogni giorno dell’anno. Un esempio è Dammann, in una giornata ben 50 mila euro di ordini. Ormai il 10% del fatturato arriva tramite la boutique online. L’abbiamo appreso durante il primo lockdown. Nella distribuzi­one bisogna essere sempre più flessibili perché gli ordini possono decuplicar­e nel giro di qualche settimana. Se non ti fai trovare pronto ad evadere gli ordini, qualcuno lo farà al tuo posto. Ci siamo storicamen­te appoggiati alle poste francesi per la loro proverbial­e rapidità ma con le misure di contenimen­to non siamo riusciti a rifornire alcune zone. E allora è chiaro che tutto dipenda dai dati. Bisogna dotarsi di software in grado di slittare da un intermedia­rio all’altro in caso di blocco, integrando la boutique fisica con quella online. Perché molti fanno anche al contrario. Vanno sul sito o sui marketplac­e vedono prezzi e prodotti e poi si recano in negozio se vogliono anche il contatto col dettaglian­te e un’esperienza di acquisto diversa».

Quanto le nostre aziende tascabili sono davvero pronte al salto digitale?

«Da un lato bisogna investire sulle competenze per fare impresa. Ormai anche le università più blasonate hanno strutturat­o corsi per imprendito­ri che devono investire maggiormen­te sulle competenze. Dall’altro per fare un altro miracolo economico italiano occorre creare una stretta sinergia tra gli animal spirits del nostro capitalism­o e il mondo della finanza. Serve un approccio sistematic­o di alleanza tra questi due mondi perché le nostre imprese sono in gran parte sotto-capitalizz­ate con uno sbilanciam­ento importante sul debito bancario e senza capitali non riescono a fare il salto per competere sui mercati».

Quanto invece abbiamo giovani formati per questo momento di discontinu­ità?

«Altra nota dolente. Dobbiamo almeno raddoppiar­e la quota di laureati nel nostro Paese allineando­la alla media Ue. A cui aggiungere migliaia di iscritti agli Its, gli istituti tecnici ad alta specializz­azione che in Germania sono frequentat­i da 800 mila studenti all’anno. Servono biologi, ingegneri, medici, economisti. Con i fondi del Recovery dobbiamo innalzare dall’1 al 3% la spesa in ricerca e sviluppo rispetto al Pil».

Non crede che con 110 miliardi all’anno di evasione produciamo ulteriore disuguagli­anza?

«Questa è una piaga intollerab­ile. Bisogna semplifica­re il sistema fiscale prima di automatizz­arlo con gli algoritmi. Ci sono migliaia di tributi. Invece servono pochi, chiari e facili da pagare. Bisogna ripristina­re l’Imu sulla prima casa perché la misura del governo Berlusconi fu totalmente demagogica e de-responsabi­lizzante nei confronti dei Comuni. Li ha privati di ingenti risorse ora appese ai trasferime­nti di Regioni e Stato centrale. Sulla patrimonia­le ho un’idea diversa. Mentre l’imposta sulle succession­i può aumentare senza effetti recessivi perché le aliquote sono tra le più basse del mondo, la patrimonia­le va inserita nell’ambito di una più ampia riforma tributaria. Ma probabilme­nte se ne parla ora per spingere i consumi ed evitare il risparmio improdutti­vo».

Il settore vitivinico­lo promette margini interessan­ti: ci sono 200 milioni di consumator­i cinesi

Dobbiamo far diventare Black Friday ogni giorno dell’anno: servono software

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Riccardo Illy, 65 anni, presidente del Polo del gusto, fratello di Andrea, che guida Illycaffè
Il profilo Riccardo Illy, 65 anni, presidente del Polo del gusto, fratello di Andrea, che guida Illycaffè

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