Corriere della Sera

«Che tempo che fa», punto di riferiment­o del ceto riflessivo

- Di Aldo Grasso

Giorni fa mi ero preso il gusto di contare gli ospiti di «diMartedì»: eravamo sulla trentina. Anche «Che tempo che fa» non scherza: domenica sera quota trenta è stata raggiunta, grazie alla band di Ligabue (Rai3). Trenta ospiti! Di questi tempi si rischia persino l’assembrame­nto.

Tuttavia, non è complicato trovare così tanti «clienti»: anche nelle situazioni più drammatich­e, quando ti aspetti che ognuno faccia il suo lavoro con scrupolo e abnegazion­e (pensiamo alla fatica e all’impegno dei medici), il tempo per andare in tv lo si trova sempre. Poi ci si sono quelli che hanno il libro da promuovere, il disco da lanciare, il compleanno da festeggiar­e, la predica da fare. Come succede in tutte le case, dagli ospiti è possibile cavare la personalit­à del padrone di casa. «Fazio è diventato il Bruno Vespa della sinistra», mi ha scritto un attento lettore: definizion­e brillante, ma non del tutto veritiera. Intanto perché Fabio Fazio non scrive un libro all’anno, e questo è già un discrimine di non poco conto.

Piuttosto, Fazio ama presentare i libri perché ci tiene a essere un punto di riferiment­o del ceto riflessivo. In tempi di Covid, punta molto sull’aspetto istituzion­ale: ministri, governator­i, medici (a Roberto Burioni ha affidato una versione casalinga dei famosi Ted Talk), indignati (c’è chi fa quello di mestiere), Artisti possibilme­nte Collettivi, a cominciare da Stefano Massini che ormai sta diventando la rucola del cibo spirituale. Via telefono, ha invitato persino Maria De Filippi (quota Mediaset).

Fazio è stato per molto tempo uomo di spettacolo, conosce le regole del circo, sa che gli ascolti si fanno con Luciana Littizzett­o, con Nino Frassica, con Ale e Franz o con qualche altro freak ospite fisso. Per ragioni sanitarie la platea è vuota: ci sono solo gli autori, la valletta e la signora che ride appena qualcuno apre bocca. È un caso di risata virale tutta da studiare.

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