Denise, morta dopo aver rinunciato all’ultimo letto libero in rianimazione
Francia, l’anziana ha voluto che fosse curato chi aveva più chance di farcela. La lettera dei medici su Le Monde
Una sera di marzo un’anziana signora si è presentata al pronto soccorso dell’ospedale Saint Louis di Parigi con il respiro in affanno e gli altri sintomi dell’infezione provocata dal coronavirus. Tre medici e una sociologa le scrivono adesso una lettera aperta che lei non potrà leggere, perché la signora non è sopravvissuta. Denise ha preferito lasciare l’ultimo letto disponibile in rianimazione a qualcuno di più giovane e più forte, qualcuno che avesse maggiori probabilità di cavarsela.
«Non sono stati né il suo vecchio tumore quasi guarito, né l’insufficienza cardiaca, né l’età avanzata a impedire l’ammissione in rianimazione. È lei ad avere preso la decisione di non entrare, ad avere espresso una preferenza. Non voleva occupare l’ultimo posto in reparto, voleva lasciarlo a qualcuno che avrebbe potuto essere suo figlio o suo nipote. Cara signora Denise, lei aveva talmente bisogno di ossigeno da volere essere certa che ne sarebbe rimasto a sufficienza per tutti».
La lettre à Denise è stata pubblicata da Le Monde come un documento che aiuta a fare luce sulla questione della penuria di posti in rianimazione e le difficili valutazioni alle quali sono talvolta chiamati i medici. Ma la vicenda di Denise riguarda anche il diritto di scegliere come andarsene e il rifiuto dell’accanimento terapeutico. Se di fronte al desiderio della donna di rinunciare al ricovero in rianimazione i medici non hanno insistito, è perché altrimenti «avremmo preso il rischio di ostinarci inutilmente a evitare un esito ineluttabile, al prezzo di una possibile sofferenza per lei o per i suoi cari».
I medici Elie Azoulay, Sade Beloucif, Matthieu Le Dorze e la sociologa Nancy KentishBarnes raccontano di una decisione presa in concertazione con i famigliari, in particolare con il figlio della signora Denise. «Parlare con suo figlio è stato prezioso. Abbiamo cercato di lasciarla andare accompagnata dai suoi cari. Non dimenticheremo mai la serenità e la dolcezza dei suoi grandi occhi neri. Non dimenticheremo mai che ci ha chiesto di andare a occuparci del pazienti che avevano qualche possibilità di farcela. Le restavano pochi giorni, ma il sorriso era quello di sempre».
La camera in rianimazione è stata occupata da un paziente con le convulsioni per colpa di una meningite. La lettera a Le Monde si conclude con una riflessione sul fatto che «la priorità assicurata a un individuo può essere soppiantata dalla priorità data alla collettività, a condizione di preservare i principi fondamentali e i valori dell’assistenza (…). Tocca a noi, Signora, salutarla. Grazie ancora per questo incontro così ricco di insegnamenti».