Lo scontro è tra generi
«X Factor», tornano le categorie come negli anni 80 In tv la sfida è tra pop, rock, trap e canzone ironica
Lo show su Sky Stasera la finale del talent, ospiti i Negramaro e Madame
Sono tornate le categorie. Come negli anni Ottanta, quando le tribù musicali se le davano di santa ragione: se eri un dark non ascoltavi metal, Madonna era il male assoluto per i rocker, Sanremo era roba per vecchi. Lo streaming ha rotto le barriere create dai media tradizionali, playlist e algoritmi ci hanno trasformato in onnivori e anche gli snob mostrano i propri scheletri nell’armadio senza vergogna. Però non è che tutto sia uguale a tutto. Le divisioni rimangono, con una logica diversa.
La finale di «X Factor», in onda oggi su Sky (anche in chiaro su Tv8; ospiti Negramaro feat Madame), è specchio di questa nuova organizzazione. Quattro finalisti, quattro mondi diversi. Casadilego, 17enne abruzzese, voce straordinaria e capelli azzurro-verde, occupa la casella del pop contemporaneo, quello sporcato dall’urban (anche se quando si è trovata sommersa dall’elettronica si è un po’ persa) ed è nella squadra di Hell Raton. L’etichetta rock, quello duro e puro, è per i marchigiani Little Pieces of Marmelade: Daniele, voce e batteria, e Francesco, chitarra, pestano duro, come se non ci fosse un domani ed è quello che ha convinto Manuel Agnelli. Emma sponsorizza il 20enne perugino Blind, la trap dalla faccia pulita che si sgancia dalla narrazione «mi faccio la tua tipa quando entro nel club con i miei fratelli che hanno le tasche piene di quella roba lì». Mika punta tutto su N.A.I.P.: è la quota stravaganza, piace alla gente che piace, è il circuito off che sporca la cornice mainstream di un programma televisivo.
Possibile che nel pubblico qualcuno finisca per ascoltarli tutti. Più difficile immaginarseli in gara nello stesso contesto. Leggere la scena musicale di oggi con gli occhiali di dieci anni non funziona. Lo streaming ha cambiato il profilo della scena italiana. A guardare le classifiche sembra che esistano solo trap e indie pop e che una generazione di artisti sia stata cancellata. Nello streaming è proprio così: con un pubblico in maggioranza 15-24enne, la Top 50 è terreno vietato agli artisti over 40. E rimarrà così finché il pubblico adulto non abbandonerà il supporto fisico. La comunicazione si concentra sui numeri delle classifiche, ma da quando la pirateria ha distrutto il mercato dei cd i soldi — a parte questo maledetto anno — arrivano dal live. E qui le facce dei protagonisti cambiano.
È su questo che Hell Raton e Manuel Agnelli hanno litigato qualche settimana fa, per i dubbi del primo sul futuro discografico dei Little Pieces. «Esiste una vita parallela alla discografia e alla radio. Quella che ho fatto io con gli Afterhours è durata di più ed è stata più gratificante econo- micamente di quella di chi az- zecca un tormentone e 6 mesi dopo sparisce», dice ora Agnelli che produrrà il disco del duo e lo porterà in tour. «Anche il nostro modus operandi guarda al lungo termine — ribatte Hell Raton che ha affiancato alle ragazze della sua squadra il team produttivo e creativo della sua Machete
— e visto che “X Factor” va verso un linguaggio più discografico abbiamo fatto capire loro anche il valore di classifiche e stream».
In questo 2020 i più ascoltati su Spotify sono due trapper, tha Supreme e Sfera Ebbasta. Il primo non ha ancora fatto un tour; Sfera, con un album fresco di quarto posto nella classifica mondiale (non italiana, attenzione) per ora ha annunciato due palazzetti. Per contro Vasco, re assoluto del live, o Ligabue che vende 100 mila biglietti per uno show, quando escono con un nuovo singolo non trovano posto nei primi 100 posti dello streaming.
Non è più tempo di dominatori assoluti. Qualcuno è forte sull’erba, qualcuno imbattibile sulla terra rossa e la zona comfort di altri è il cemento. L’eccezione che conferma la regola, il Federer del momento, è Ultimo. Per gli altri ci sono campionati diversi.