Renzi non parla più di crisi: ma non basta un dietrofront sulla cabina di regia
Il leader: decidere insieme sul programma fino al 2023
Mentre nella Capitale la politica si interroga sulle sue prossime mosse, Matteo Renzi è nella sua Firenze e ragiona sul da farsi. Da Roma gli giunge l’eco delle indiscrezioni che lo vorrebbero pronto alla retromarcia, ma il senatore di Rignano nega che siano queste le sue reali intenzioni: «Io non cambio la mia posizione, Conte deve mollare e io do per scontato che lo faccia».
Renzi rassicura con queste parole i fedelissimi che nel weekend lo chiamano per chiedergli lumi sulla strategia da seguire. «La verità — spiega l’ex premier ai suoi interlocutori — è che Giuseppi è in difficoltà. Anche perché se lui molla, poi che fa? Non è che se cede sulla cabina di regia poi tutto è risolto. Ma proprio per niente. Il problema è che cosa fa dopo. La questione infatti non riguarda tanto la cabina di regia, anche perché noi abbiamo già stoppato il blitz che aveva tentato di fare mettendo la task force nella legge di Bilancio, riguarda piuttosto tutto il resto».
E per resto Renzi intende il programma che il governo vuole darsi di qui al 2023: «Dobbiamo decidere cosa fare dei fondi europei, della sanità, delle infrastrutture. Dobbiamo decidere come facciamo la cabina di regia, come arriviamo alla fine della legislatura», e qui il leader di Italia viva snocciola ai suoi interlocutori un lungo elenco di cose da fare. E aggiunge: «Dobbiamo decidere tutti insieme, con pari dignità». Insomma, Conte non può pensare di fare tutto da solo, su questo Renzi è intransigente.
Nelle conversazioni domenicali l’ex presidente del Consiglio non cita più la parola crisi. E intervistata da Lucia Annunziata su Rai 3 la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi spiega che non è certo questo l’obiettivo di Iv. Ma gli alleati di governo dell’ex premier non credono che questa eventualità possa essere definitivamente scartata e temono proprio che andando avanti così si possa giungere a una crisi al buio e alle elezioni. Scenario, quest’ultimo, che Renzi ritiene altamente improbabile, se non impossibile: «I 5 Stelle — spiega ai suoi — non vogliono tornarsene a casa e non solo loro».
Il leader di Italia viva ora mette nel conto che prenda quota l’ipotesi di un rimpasto. «Ma a me — precisa — non interessa proprio. Se pensano di portarmi a discutere di questo e non del programma che dobbiamo darci tutti insieme si sbagliano di grosso». L’idea che il rimpasto possa essere un’esca per ridurlo a più miti consigli lo fa sorridere: «Prima dicevano che ero io a volerlo, ora sono loro a spingere su questo tasto. Ma come si può pensare che io abbia aperto questo contenzioso con Conte per andare a fare il ministro della Difesa o degli Interni? È ridicolo, che figura farei, che persona sarei? Io sto soltanto facendo politica, sarebbe meglio se lo capissero in fretta».
Renzi sa che al Partito democratico continuano a dire con insistenza che se cade questo governo l’unica prospettiva possibile è quella delle elezioni anticipate per intimorirlo. Ma delle parole pronunciate da Nicola Zingaretti il leader di Italia viva ha colto un altro aspetto: «Lui dice che non si può andare a una crisi al buio, però contemporaneamente spiega che non si può andare avanti così. Pure per lui non si può restare fermi nella situazione in cui siamo adesso. Quella di Nicola è un’analisi comprensibile, ma se la ricaduta deve essere il rimpasto per mettere al sicuro Conte io non ci sto».
Per l’ex premier Conte si sbaglia se pensa di ridurre il dibattito al rimpasto