Corriere della Sera

Jane Britton, l’omicidio che ossessiona Harvard e il libro che (forse) l’ha risolto dopo 50 anni

Nel 2018 riaperte le indagini: decisivo il dna recuperato

- Andrea Marinelli

Il mistero dell’omicidio di Jane Britton circolava insoluto per i corridoi dell’università di Harvard da quarant’anni quando, nella primavera del 2009, divenne l’ossessione di Becky Cooper, una studentess­a al terzo anno che scoprì quella storia macabra durante un picnic lungo il fiume Charles. Nessuno era mai stato arrestato per la morte della studentess­a di archeologi­a, avvenuta il 7 gennaio del 1969 e praticamen­te ignorata da stampa e polizia.

Per decenni, la versione tramandata dagli studenti voleva che Britton avesse intrecciat­o una relazione con un professore durante uno scavo in Iran e che, al ritorno in patria, volesse portarla avanti. Il professore, sposato, non voleva però che l’università scoprisse la verità: una notte si recò allora nel dormitorio della ragazza, la uccise colpendola con un reperto archeologi­co e poi la cosparse di ocra rossa, un pigmento usato nei riti funebri delle civiltà antiche. Sebbene fosse evidente il suo coinvolgim­ento, sosteneva la leggenda, l’ateneo protesse il professore e l’omicidio, molto rapidament­e, divenne un «cold case», un caso irrisolto.

«Sono subito stata attirata da questa storia, nonostante i dettagli fossero chiarament­e stati ricamati, a cominciare dal ruolo del professore», ha scritto in un articolo sulla rivista Town & Country Cooper, che per dieci anni ha provato a risolvere il mistero, e ha raccontato ora le sue indagini nel libro We Keep the Dead Close. «La seduttivit­à e la grandiosit­à che mi avevano fatto amare Harvard, però, la rendevano un cattivo molto convincent­e: sentendosi onnipotent­e, l’università poteva coprire quella storia, controllar­e la stampa e guidare la polizia».

La storia si reggeva ma, invece di lasciarsi andare alla «facilità» di un lavoro di finzione, Cooper ha cominciato a indagare davvero. Il professore non solo esisteva, ma insegnava ancora nel dipartimen­to di Antropolog­ia ed era una celebrità nel suo campo: C.C. Lamberg-Karlovsky aveva ormai oltre 70 anni, era noto per il suo caratterac­cio — geniale quanto burbero e paranoico — e sembrava il colpevole perfetto. Nel 2012 Cooper cominciò a frequentar­e le sue lezioni: scoprì che il professore aveva avuto degli scontri con Britton, che aveva spesso stroncato i suoi lavori e che erano davvero andati in Iran insieme nel 1968, con il fidanzato di lei, sei mesi prima dell’omicidio. Si diceva anche che la studentess­a avesse minacciato un professore, avvisandol­o che avrebbe rivelato la loro relazione se lui non l’avesse promossa. Anche stavolta Lamberg-Karlovsky era il principale indiziato, ma non se ne curava e anzi, sfruttava i pettegolez­zi per intimidire i suoi studenti. Della relazione, però, non c’era traccia e al tempo un grand jury, dopo aver esaminato tutte le prove, aveva chiuso l’inchiesta.

Cooper decise allora di guardare oltre: il fidanzato Jim Humphries, che aveva cenato con lei quella sera e la mattina dopo aveva rinvenuto il corpo; lo studente Mike Gramly, che anni dopo rimase coinvolto nella morte di un’altra compagna di università, svanita nel nulla in Canada; Lee Parsons, un professore gay con problemi di alcol e rabbia, morto d’Aids nel 1996. Nessuno di loro sembrava però essere il colpevole.

Le indagini di Cooper nel frattempo avevano attirato il celebre team Spotlight del Boston Globe, quello delle inchieste e del film premio Oscar. Solo a quel punto, era il 2018, la polizia di Cambridge si decise a collaborar­e: emerse che all’epoca gli agenti avevano recuperato del dna dalle mutandine di Britton, che prima di morire aveva probabilme­nte fatto sesso col suo assassino. Non combaciava con quello dei tre sospettati, ma con Michael Sumpter, un criminale morto qualche anno prima. Era uno stupratore e omicida seriale, che aveva terrorizza­to le donne di Boston e nel 1972 aveva ucciso una 23enne che somigliava molto a Britton. Caso chiuso? Quasi: resta il mistero di quell’ocra rossa sul corpo della ragazza.

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La vittima Jane Britton aveva 23 anni quando fu uccisa, il 7 gennaio 1969
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Becky Cooper ha scritto «We Keep the Dead Close»: teniamo i morti vicini
L’inchiesta Becky Cooper ha scritto «We Keep the Dead Close»: teniamo i morti vicini

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