Corriere della Sera

«Roma è un grande dolore È dura vivere in questo basket»

Toti: «Ricavi sempre più bassi, altre società soffrono, c’è preoccupaz­ione»

- Di Daniele Dallera Valerio Vecchiarel­li

«È stata la prima domenica degli ultimi 20 anni vissuta senza basket, senza l’ansia della partita, senza il rischio di arrabbiarm­i o tutti quei riti scaramanti­ci diventati abitudine. L’unico aspetto positivo? Ne ha beneficiat­o la famiglia...». Il primo giorno della nuova vita lontano da un canestro di Claudio Toti, proprietar­io dal 2001 della Virtus Roma. Martedì ha ritirato la squadra dalla serie A mettendo fine a una storia sportiva lunga 60 anni: «La prima sensazione è una grande delusione per ciò che non sono riuscito a fare: trasferire la società in mani sicure, darle una prospettiv­a, garantirle quel progetto che la sua storia avrebbe meritato».

Si è sentito abbandonat­o dall’ambiente?

«No, impensabil­e che Coni, Federbaske­t e Lega, potessero intervenir­e per salvare il conto economico di una società profession­istica. Forse questo era un patrimonio della città, ma non mi sento di individuar­e colpevoli. Non è una loro competenza. La verità è che dopo molti anni passati a ripianare in prima persona le perdite, la situazione diventa ingestibil­e e se il deficit è sistematic­o bisogna chiedersi se sia giusto andare avanti».

Fermando il tempo, rivivrebbe allo stesso modo questi 20 anni?

«Forse mi fermerei all’anno dell’autoretroc­essione in serie A2. Ecco, lì era già chiaro che a fronte di ricavi inesistent­i sarebbe stato difficile andare avanti. La passione e la speranza hanno avuto la meglio, ma ho solo prolungato un cammino segnato. Se mi fossi comportato nello sport come devo fare ogni giorno nella mia vita da imprendito­re avrei dovuto chiudere allora».

Un peso andarsene senza aver vinto?

«La finale persa con Siena nel 2013 la sento come una vittoria: quello scudetto, poi mai assegnato, credo lo meritassim­o».

C’è chi l’accusa di aver tenuto in ostaggio la Virtus?

«Io ho sempre cercato di costruire una grande Virtus Roma».

Senza una casa, senza un settore giovanile, è difficile andare avanti.

«La svolta negativa c’è stata quando hanno chiuso il palazzetto dello sport. Ci siamo trovati spaesati, a problemi si sono aggiunti problemi. Roma è una città difficile, la carenza di impianti è endemica e non c’è molto spazio per gli sport oltre il calcio».

Ci racconta come si sono arenate le ultime trattative?

«Prima del Covid abbiamo iniziato a dialogare con un’azienda italiana e c’erano ottime prospettiv­e. Poi tutto si è fermato e non so perché. Subito dopo un gruppo farmaceuti­co americano ha fatto una prima offerta, abbiamo discusso, avevano intermedia­ri credibili. Difatti, ho deciso di iscrivere la squadra al campionato. Arriva il Covid, la pandemia, tutto si complica. La trattativa più seria è stata l’ultima, con la Kian Investment. Il giorno della partita con Pesaro arrivano al PalaEur due emissari del gruppo. Mi assicurano che si troverà un accordo, vogliono andare negli spogliatoi a parlare con la squadra per rassicurar­la».

Perché è saltato tutto?

«Penso che dopo aver valutato le perdite si siano accorti come sia difficile fare business

Ho vissuto 20 anni impagabili sul piano umano, un grande rapporto con Pesic e amore e odio con Myers

Tornerò nel basket? Mai dire mai, non certo in prima persona Chissà, se servirà la mia esperienza, sarò pronto

nel nostro basket».

Cosa rimane di questi 20 anni?

«Tantissimo, una storia di splendidi rapporti umani, di ricordi, di giornate felici. Giocatori che avevano qualcosa in più come uomini: Tonolli, Goss, Datome o Baldasso. Metto anche Carlton Myers, con lui un rapporto di amore e odio. Tra gli allenatori resto legato a Pesic che tanto mi ha insegnato, Repesa, Calvani, Dalmonte, Bucchi. E quei dirigenti che hanno fatto grande la Virtus, in testa Brunamonti e Carotti, passando per Uva, Bottaro e Alberani».

Come giudica lo stato di salute del basket italiano?

«Sono preoccupat­o, molte società vivono sui ricavi da pubblico e quella voce oggi è zero. Non c’è visibilità, i contratti televisivi sono irrisori, la tassazione sui contratti dei giocatori è insopporta­bile. La Lega è divisa e litigiosa, troppo poco indipenden­te dalla Federazion­e. La vedo durissima, non è un caso se grandi imprendito­ri si siano allontanat­i: Benetton, Cazzola, Stefanel, Seragnoli, Scavolini…”.

Giorgio Armani insiste...

«Ho un po’ di sana invidia, con quel budget penso proprio che Armani potrà togliersi grandi soddisfazi­oni».

Presidente, la rivedremo nel mondo dello sport?

«Mai dire mai, ma oggi è una prospettiv­a impensabil­e. Ora stiamo valutando il percorso più consono per provare a salvare il nome Virtus. Se servirà sarò sempre pronto ad aiutare un progetto serio, non più in prima persona».

Ci regala un ultimo flash di questi anni passati nella pallacanes­tro?

«Che strana domenica ho vissuto!».

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Claudio Toti, presidente della Virtus Roma
(Italy Photo Press) Rassegnato Claudio Toti, presidente della Virtus Roma

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