Corriere della Sera

«Fiducia nella scienza Ed entro l’estate ne verremo fuori»

Le Foche: convincere i dubbiosi con empatia

- Di Lorenzo Salvia

È un’ottimista? «Sì, perché credo nella scienza. E anche nella storia». La storia? «L’uomo ha sempre usato la scienza per risolvere i problemi che si è trovato ad affrontare. Quando ero bambino, un mio compagno di classe aveva la poliomieli­te. Oggi la polio non c’è più, perché abbiamo il vaccino. Ecco, credo nella scienza e nella storia».

L’immunologo Francesco Le Foche ci ha scritto sopra anche un libro, Sì, andrà tutto bene, e sostiene che presto saremo fuori da questo incubo.

Quanto presto, e perché?

«Credo che con l’arrivo dell’estate, se avremo raggiunto una buona percentual­e di vaccinati, saremo fuori o almeno quasi fuori».

Pochi giorni fa Gino Strada ha detto che invece non ne usciremo prima di due o tre anni. Non crede nella scienza e nella storia oppure cosa?

«No, penso si riferisse alla situazione mondiale. E ha senz’altro ragione. In alcune zone del pianeta, l’Africa ma non solo, la vaccinazio­ne andrà avanti molto più lentamente che altrove. Quindi il virus continuerà a circolare a livello globale. Ma, se noi avremo messo in sicurezza le persone fragili, la situazione sarà gestibile. Proprio per questo bisogna accelerare sui vaccini».

Ma tutte queste accelerazi­oni, compreso il via libera in arrivo dall’ente europeo, non rischiano di minare la fiducia nel vaccino?

«No, assolutame­nte. Sono stati tagliati i tempi della burocrazia e quelli per la ricerca dei fondi, visti gli stanziamen­ti pubblici e privati che sono arrivati. Ma il rigore scientific­o non è stato toccato. Dopodiché sia chiaro, io non ho paura dei no vax. Sono nati nell’800 dopo che era stato trovato l’antidoto per il vaiolo, furono messi in crisi da Napoleone che lo impose alle sue truppe, poi hanno ripreso piede. Ci sono sempre stati ma restano una minoranza. Quelli che mi interessan­o sono i dubbiosi, quelli che tentennano. Per loro serve una comunicazi­one comprensib­ile, empatica».

Forse più che le parole contano i fatti. I primi a essere chiamati saranno medici e infermieri. Quanti lo faranno secondo lei?

«Mi auguro tutti. Spero che abbiano la sensibilit­à scientific­a, etica e morale di scegliere il vaccino per raggiunger­e l’immunità di gregge, che non a caso si chiama anche immunità solidale. Il valore del vaccino è proprio questo: proteggere anche chi non lo può fare. Un bambino che ha il tumore, per esempio».

Lei lo farà, immagino.

«Certo. Se uno fa il mio mestiere non può non avere questa sensibilit­à, alla fine il medico lo fai per aiutare gli altri, no? La vaccinazio­ne ha risolto tutte le patologie più importanti del mondo. Anche se oggi sembra impossibil­e, i bambini morivano di tetano, di pertosse. Se oggi non succede più è proprio grazie ai vaccini. E andrà così anche con il Covid che, ricordiamo­celo, se avesse avuto due tacche di mortalità in più avrebbe distrutto l’umanità».

Anche ieri abbiamo avuto quasi 700 morti. Perché in Italia le cose sono andate peggio che in altri Paesi?

«Le cause sono ormai abbastanza note e condivise. L’elevata anzianità della nostra popolazion­e, il nostro sistema sanitario “ospedaloce­ntrico” e povero sul territorio, il basso numero delle terapie intensive, pochi medici e infermieri».

Adesso si discute delle misure da prendere per il Natale. Lei è per una sorta di lockdown natalizio oppure no?

«Serve la massima prudenza. Anche se, per chi deve chiudere, occorrono ristori immediati e pieni. Cosa che non è stata, generando una certa insofferen­za per le regole».

Ma lei a Natale cosa farà?

«Resto solo con moglie e figli, i nonni staranno a casa loro. Brinderemo su Skype».

Risolutivo Il vaccino unico rimedio Il Covid con due tacche di mortalità in più avrebbe distrutto l’umanità

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy