Corriere della Sera

Liberati i pescatori «I nostri 108 giorni nella galera libica»

Un problema ai pescherecc­i ritarda la partenza. Le lacrime dei familiari a Mazara

- Di Felice Cavallaro e Marco Galluzzo

«Questi cento giorni e passa in Libia sono stati i più lunghi della mia vita. Non passavano mai»: è la testimonia­nza di uno dei 18 pescatori di Mazara del Vallo, 8 gli italiani, liberati ieri. La svolta dopo la missione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Bengasi dove hanno incontrato il generale Khalifa Haftar. E proprio sul ruolo e i rapporti con il leader libico, il leghista Matteo Salvini ha chiesto chiariment­i.

«Questi cento e passa giorni in Libia sono stati i più lunghi della mia vita. Non passavano mai. È stato brutto, difficile. Ed è stata una galera...». Comincia e si interrompe così, in un minuto, la prima telefonata di Fabio Giacalone, il direttore di macchina dell’Antartide quando tutti cercano di captare le prime notizie sulla liberazion­e.

Nel salone del municipio di Mazara, da tre mesi bivacco e rifugio dei parenti dei 18 sventurati, è Monica, una ragazza di 15 anni, ad afferrare un telefonino quasi per abbracciar­e il padre, Onofrio Giacalone, sorridente fra gli altri pescatori che sembrano sereni nella foto postata dal premier Conte. Scattata sulla banchina di Bengasi. Tra le fiancate graffiate dell’Antartide e del Medinea, i pescherecc­i siciliani sequestrat­i a colpi di mitraglia.

Drammatico prologo «di questa vera e propria galera» trascorsa a due passi dal nuovo molo, sempre nell’area portuale. «In un edificio che per accesso ha un varco presidiato da uomini armati», ripetono adesso a madri e figli sgomenti. Rimbalza per prima quella foto di Conte a Mazara. Poi arriva un’altra telefonata. E Monica euforica ascolta finalmente la voce del padre, forzatamen­te rassicuran­te, come se volesse fare coraggio alla ragazza: «Siamo, liberi. Ci hanno fatto uscire dalla casa e ci hanno portato qui sul ponte dei pescherecc­i. Insomma, non siamo più in galera».

Nel diario di questi 107 giorni riecheggia più volte la parola galera. E come passavate le giornate? «Pochi contatti con gli addetti alla sorveglian­za, nessuno con l’esterno». Per Giacalone un pensiero continuo a quanti lo attendevan­o a casa. Anche al padre, Pietro, un pescatore pronto a fare i primi calcoli nautici: «Sono circa 410 miglia, diciamo due giorni di navigazion­e... Sabato notte insieme». E il figlio ancora lontano gli dice «la cosa più bella». Una frase che pone davvero fine all’incubo: «Ora lasciatemi in pace che devo accendere i motori».

Oggi sono 108 giorni dal sequestro, (il governo si è mosso) con comodo. Le operazioni si annunciano una volta che i pescatori sono rientrati in Italia Matteo Salvini Leader della Lega

Questi connaziona­li potranno passare il Natale in famiglia. Invito tutte le forze politiche a non fare polemica e gioire insieme, almeno oggi. Viva l’Italia Matteo Renzi Leader Iv

Liberi Ci hanno fatto uscire dalla casa e ci hanno portato qui sul ponte dei pescherecc­i

Scatta però un’emergenza, come apprendono da Mazara i due armatori, Leonardo Gangitano e Marco Marrone. Un imprevisto a quest’ultimo comunicato dal suo comandante Pietro Marrone, 44 anni, stesso cognome: «Batterie da ricaricare dopo 3 mesi. Ma se parte il primo ci agganciamo e salpiamo comunque insieme. Non possiamo certo restare qui dopo questo tempo in cui ogni giorno mille angosce mi venivano anche per mia madre...».

E riesce da quelle 410 miglia a farla sorridere la mamma, Rosetta Ingargiola, 74 anni, la nonnina rimasta per settimane all’addiaccio in una tenda davanti a Montecitor­io per protestare, per accendere i riflettori. Suo figlio, grato: «Il pensiero andava a lei rimasta vedova e senza mio fratello, annegato a 24 anni in mare per una tempesta». Sono le tragedie di questo mondo della pesca che nel giorno più felice di Mazara offre l’esempio di una comunità integrata.

Come si percepisce dalla solidariet­à fra mamme e figli di siciliani, tunisini, senegalesi, confusi fra chador e mascherine, uniti nei balli etnici che esplodono a sera, mentre le batterie sono ancora sotto carica. C’è Islem Ben Haddata che con il suo perfetto italiano scongiura il padre tunisino: «Basta con il mare. Avevo il terrore che non tornasse più». Come Insaf, la giovane figlia di Jemmali Farat, il secondo motorista del Medinea. O di Chaima, la primogenit­a di un altro pescatore berbero, Habib Mathlouthi. Tutte pronte a confortare Marika Calandrino, la più giovane delle mogli al megafono per tre mesi, grandi occhi azzurri, in lacrime quando sente il marito Giacomo Giacalone, 32 anni. Ma importante è che echeggi la voce da Bengasi, «da quell’inferno», come lo ha chiamato per 107 giorni Cristina Amabilino, la moglie di un altro marittimo, Bernardo Salvo, pronto a tranquilli­zzare con un flash dal telefonino libico: «Siamo usciti dalla galera...». Sorride finalmente anche il figlio, dieci anni appena, che su Facebook aveva pubblicato una letterina scritta su un foglio a quadri: «Per favore ministro Di Maio mi porta a casa il mio papà?». E invece papà parla al telefono e prova ad accendere i motori.

 ??  ?? I pescatori liberati: (da sinistra) Giovanni Bonomo, Pietro Marrone, Ben Thameur Lysse, Salvo Bernardo, Michele Trinca, Vito Barracco, Giacomo Giacalone, Fabio Giacalone
I pescatori liberati: (da sinistra) Giovanni Bonomo, Pietro Marrone, Ben Thameur Lysse, Salvo Bernardo, Michele Trinca, Vito Barracco, Giacomo Giacalone, Fabio Giacalone
 ??  ?? Gioia A sinistra, i pescatori di Mazara del Vallo liberati ieri in Libia. A destra in alto: la gioia dei familiari dei marinai mentre seguono sui social le notizie sulla liberazion­e dei loro parenti (LaPresse). Sotto il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio(M5S) con il generale Khalifa Haftar ieri al loro arrivo a Bengasi (Ansa)
Gioia A sinistra, i pescatori di Mazara del Vallo liberati ieri in Libia. A destra in alto: la gioia dei familiari dei marinai mentre seguono sui social le notizie sulla liberazion­e dei loro parenti (LaPresse). Sotto il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio(M5S) con il generale Khalifa Haftar ieri al loro arrivo a Bengasi (Ansa)
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