Il vertice rinviato tra le tensioni E Zaia da domani vara la sua stretta
Oggi il Consiglio dei ministri. Lega contro il governo Fontana: qui meglio che in Veneto, no a misure ad hoc
Diventa un caso il rinvio a oggi del Consiglio dei ministri per la definizione delle misure anti Covid in vista delle feste imminenti. Uno slittamento causato da una serie di motivi concomitanti, dalla verifica di governo più complicata del previsto all’improvviso viaggio a Bengasi per la liberazione dei pescatori italiani. Rinvio che viene subito usato dai governatori della Lega per mettere sul banco degli accusati il governo.
Non un malcontento generico, ma una vera protesta politica organizzata dal leader della Lega Matteo Salvini, che ha deciso di scrivere e firmare con i presidenti di Regione del suo partito un documento. Condividono il testo Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana, Maurizio Fugatti, Nino Spirli, Donatella Tesei e Luca Zaia. I leghisti scrivono sapendo di trovare sentimenti simili in molti cittadini che aspettano di sapere se possono ricongiungersi ai parenti e in molti commercianti, provati dall’incertezza: «Siamo molto preoccupati per il fatto che oggi, giovedì 17 dicembre, ancora non sappiamo cosa farà il governo, cosa accadrà a 60 milioni di italiani dal 24 dicembre. Comprendiamo fino in fondo le ansie e il disorientamento dei cittadini». Ma c’è un altro passaggio importante e riguarda i cosiddetti ristori che dovranno arrivare: «Ribadiamo la necessità che ci sia l’indispensabile copertura finanziaria per garantire i risarcimenti totali a tutte le categorie che potranno essere colpite dalle misure di restringimento decise dal governo».
Il sospetto nell’esecutivo è che si tratti di una manovra a tenaglia (magari con l’aiutino di Matteo Renzi) per mettere in difficoltà il premier e il governo. Perché alla terza ondata, che appare quasi inevitabile a gennaio, si potrà dire che i provvedimenti dell’esecutivo sono stati tardivi e parziali. E la richiesta di copertura economica, unita a un’improvvisa virata in senso restrittivo dei governatori, si spiega anche con la consapevolezza che la copertura per un eventuale lockdown generalizzato sarebbe molto difficile. I governatori chiedono «almeno un miliardo di fondi per potenziare il trasporto pubblico locale e notizie certe sui rimborsi per le attività commerciali (il Veneto perde un miliardo e mezzo solo per le mancate aperture della stagione invernale)».
L’accenno al Veneto viene poi approfondito con l’iniziativa di Luca Zaia che governa una regione martoriata dall’aumento dei casi negli ultimi giorni, e che, stufo di aspettare, accelera all’improvviso: «Non so cosa farà il governo, sinceramente non possiamo aspettare ulteriormente. Non possiamo arrivare a lunedì, martedì e non sapere ancora cosa succederà. Abbiamo atteso 5 giorni e non ho ancora ben capito cosa accadrà». E dunque, considerando anche la gravità della situazione in regione, decide di anticipare le misure ed emanare un’ordinanza che entrerà in vigore il 19 dicembre fino al 6 gennaio e che prevede lo stop di movimento tra i comuni dopo le ore 14. Misure con un’estensione anche superiore alle peggiori previsioni nazionali.
Eppure non tutti i governatori di centrodestra sono favorevoli a lockdown duri. Non lo è il presidente della Liguria Giovanni Toti, che considera «un’ingiustizia» un’eventuale chiusura generalizzata a tutta l’Italia. E non lo è Attilio Fontana, che spiega: «Purtroppo per Zaia la situazione del Veneto è un po’ peggiore della Lombardia. Credo che noi abbiamo dei buoni numeri quindi ci possiamo permettere di non restringere ulteriormente».
Quanto al governo, il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia si limita a dire che lo slittamento del Consiglio dei ministri «era già previsto». Si riunirà oggi alle 18.