Il generale e la mossa per recuperare ruolo e prestigio (con l’aiuto di Al Sisi)
La liberazione dei due pescherecci ed il loro equipaggio è stata preparata dalla mediazione dei servizi italiani condotta dallo stesso direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, che da almeno sei anni tiene contatti personali e continui con Khalifa Haftar. L’ambasciata italiana a Tripoli ha in questo caso giocato un ruolo minore. Nel prossimo futuro potrebbe facilitare la riapertura della sede consolare di Bengasi: era già prevista nella primavera del 2019, ma venne sospesa a causa dell’offensiva militare lanciata da Haftar il 4 aprile. La vicenda termina evidenziando le stesse caratteristiche con cui era iniziata: un evento intrinsecamente legato alle vicende interne della Libia post-Gheddafi destabilizzata, lacerata dalla violenta frammentazione tribale e condizionata dalle interferenze di potenze straniere. Non a caso le motovedette di Haftar sequestrarono i pescherecci a 40 miglia dalla costa libica la notte del primo settembre, solo poche ore dopo la visita di Di Maio a Tobruk dal presidente del parlamento della Cirenaica, Aguila Saleh. Non era certo la prima volta di un fermo illegale di navi italiane. Ma Haftar si era sentito snobbato, dopo essere stato invece trattato con i guanti bianchi alla conferenza di Palermo nel novembre 2018.
Oggi il 77enne Haftar ha colto l’occasione per rilanciarsi come attore centrale della politica libica e legittimo interlocutore con la comunità internazionale. I motivi sono evidenti. «Battuto militarmente pochi mesi fa nell’offensiva su Tripoli, costretto a ritirarsi dall’intervento turco, persino in difficoltà personali con gli alleati russi ed egiziani, Haftar ha strumentalizzato la crisi dei pescherecci per tornare ad avere un ruolo importante», sostengono gli osservatori locali. Ultimamente era stato persino marginalizzato da Saleh, che aveva aperto un dialogo sia con gli egiziani che con il ministro degli Interni a Tripoli, Fathi Bishaga. Però il suo atto di pirateria ha pagato. Lo dimostrano anche le foto dell’incontro con i due massimi esponenti italiani di fronte al picchetto d’onore. Al suo fianco c’è il figlio 35enne Saddam, già seriamente sospettato dell’assassinio di oppositori politici. A Bengasi spiegano che Saddam ha tenuto le agende degli incontri con i servizi italiani. Si avanza anche l’ipotesi che lo stesso presidente egiziano Al Sisi abbia facilitato l’accordo per cercare di «oliare» le relazioni con Roma, minate dall’affare Regeni. Soprattutto, Haftar torna a rinsaldare i rapporti con il vicepremier di Tripoli, Ahmed Maitig, con cui di recente ha negoziato la riapertura dei giacimenti energetici e il tasso di cambio omogeneo in tutto il Paese.