Corriere della Sera

IL CONFLITTO APRE LA STRADA AI PEGGIORI SCENARI

- di Massimo Franco

Nel segno dei pescatori siciliani liberati ieri in Libia dopo oltre tre mesi, nel governo ci si è ripromessi di abbassare i toni. Impegno poco credibile. Nessuno si illude che il simulacro di tregua durerà più di una manciata di ore. È una piccola parentesi incornicia­ta in un conflitto destinato a perpetuars­i fino a gennaio; e probabilme­nte a incattivir­si fino ai limiti di una crisi di governo: sebbene non sia facile capire se i confini saranno o meno superati. Il gioco è quello delle minacce, dei rinvii, perfino dei dispetti. Si tratta di comportame­nti che in una fase dei contagi così drammatica si sarebbe tentati di definire irresponsa­bili.

La domanda è quanto Italia viva sia pronta ad accontenta­rsi di un ripiegamen­to del premier Giuseppe Conte. Chiede la sua marcia indietro sulla gestione degli oltre 200 miliardi del Fondo per la ripresa europeo, che vorrebbe affidare a uno stuolo di tecnici; chiede il sì al prestito del Mes per la sanità, come il Pd; e vuole, insieme col Pd, che la delega per il controllo dei servizi segreti sia sottratta a Conte. Ma non è chiaro se e quanto il premier sia disposto ad accettare le richieste dell’alleato minore della coalizione,

L’incognita

Rimane il punto interrogat­ivo sulla ricaduta che l’offensiva lanciata da Italia viva potrà avere sulla legislatur­a

per quanto decisivo numericame­nte. L’elemento più preoccupan­te, tuttavia, è che tra gli alleati, e soprattutt­o tra Palazzo Chigi e Iv, si ha una diversa percezione dei rischi.

Il partito renziano sta ottenendo la visibilità che cerca in assenza del conforto dei sondaggi. Confida di farlo fino all’approvazio­ne della legge di Bilancio. E per il «dopo» in apparenza non esclude nulla, sicuro che se anche il governo cadesse ne nascerebbe un altro: al voto anticipato non vogliono andare né Iv, né M5S, né altri. La sensazione è che il cambio di passo richiesto in modo pressante a Palazzo Chigi sia dai renziani, sia dal Pd vada interpreta­to, nel primo caso, come sostituzio­ne del premier.

Conte ha un obiettivo opposto: rimanere a Palazzo Chigi. E, per riuscirci, è pronto a cedere il cedibile. Che cosa significhi, però, è difficile da capire. Sul Mes pesa il «no» ideologico dei Cinque Stelle, di cui Conte è espression­e, nonostante le tensioni col ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. E sulla delega ai servizi segreti, il premier finora si è mostrato geloso delle proprie prerogativ­e, seminando sospetti e diffidenze negli alleati. Anche per questo non è facile prevedere quale ricaduta avranno le convulsion­i di questi giorni. Renzi forse pensava di ricevere da M5S e Pd un appoggio larvato che al momento sembra restringer­si.

Perfino il Quirinale segue quanto avviene con un misto di allarme e di sconcerto: si trova davanti scenari contraddis­tinti da un’enorme confusione. Non è chiaro dove finisca la finzione e comincino le minacce vere. Né se Conte e la sua cerchia siano in grado di dare una risposta all’offensiva alleata tale da sventarla; o comunque da riportarla nell’alveo di un negoziato tra alleati. L’epidemia del Covid dovrebbe spingere a una maggiore responsabi­lità. Ma il modo contraddit­torio, di fatto irrispetto­so verso l’opinione pubblica, col quale Palazzo Chigi e il governo la stanno gestendo a ridosso di Natale suggerisce i peggiori scenari.

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