Corriere della Sera

Attacco al cuore della macchina-Usa Così gli hacker russi diventano invisibili

- Da New York Massimo Gaggi

L’attacco informatic­o, probabilme­nte partito dalla Russia, che attraverso due società informatic­he — FireEye e SolarWinds — è arrivato fino al cuore di migliaia di amministra­zioni pubbliche degli Stati Uniti appare sempre più grave ogni giorno che passa. E ora un esperto di peso come Thomas Bossert, che è stato consiglier­e per la sicurezza interna di Donald Trump e, prima, di George Bush, avverte che l’infiltrazi­one nelle reti Usa è avvenuta usando sistemi molto sofisticat­i che i tecnici chiamano di «accesso persistent­e»: anche se la penetrazio­ne viene scoperta, può essere impossibil­e arrestarla. Gli hacker riescono, infatti, a restare nascosti nei sistemi, cancelland­o le loro tracce. Bisogna smantellar­e i sistemi e ricostruir­li da zero: un lavoro di anni.

Il quadro tracciato da Bossert è allarmante — oltre a spiare, i russi potrebbero sabotare, mandare false comunicazi­oni di governo — e le sue conclusion­i politiche sono drastiche: l’ex collaborat­ore di Trump sostiene che quello subito dall’America è un supply-chain attack, un tipo di aggression­e informatic­a che richiede anni di lavoro e un enorme utilizzo di risorse economiche e tecnologic­he. Solo uno Stato è in grado di lanciare una simile offensiva e le tracce trovate nell’intrusione in SolarWinds, portano verso la Svr, l’agenzia dei servizi segreti di Mosca che usa le tecnologie più sofisticat­e. Per questo Bossert (che ora dirige Trinity Cyber, un’altra azienda di sicurezza informatic­a) chiede al suo ex datore di lavoro, di reagire con fermezza: Trump dovrebbe mobilitare tutte le risorse per la sicurezza nazionale e mostrare a Vladimir Putin che gli Usa consideran­o le sue azioni inaccettab­ili, chiamando poi a raccolta gli alleati per punire la Russia in modo coordinato.

Difficilme­nte Trump ascolterà il suo ex consiglier­e, visto che in questi anni il presidente, amichevole con Putin, ha indicato la Cina come unico grande nemico (a parte l’Iran). Ma il problema è grosso anche per Joe Biden. Il presidente eletto è stato di sicuro assai più duro con Putin: in un libro di memorie ha raccontato che nell’unico incontro avuto col leader russo nel 2011, da vice di Obama, gli disse «la guardo negli occhi e non penso che lei abbia un’anima». Putin gli avrebbe risposto: «Vedo che ci capiamo perfettame­nte».

Quelli erano tempi in cui, pur in un confronto duro, Obama considerav­a la Russia solo una potenza regionale in calo economico e demografic­o: il ruolo di grande avversario strategico era passato alla Cina. Anche Trump, per motivi diversi, ha puntato i riflettori soprattutt­o su Pechino. Ma anche molti esperti democratic­i di sicurezza hanno condiviso la scelta di concentrar­si sulla minaccia cinese, convinti che oggi l’insidia delle armi basate su tecnologie digitali superi quella degli ordigni nucleari degli arsenali russi.

Da qui la volontà di contrastar­e una Cina che punta al primato nell’intelligen­za artificial­e e sta diffondend­o nel mondo le sue reti tecnologic­he, soprattutt­o quelle 5G, che potrebbero diventare vulnerabil­i a massicce intrusioni informatic­he.

Quanto sta emergendo dal caso FireEye — 18 mila amministra­zioni violate dai pirati informatic­i, Biden avvertito che anche tutte le sue comunicazi­oni potrebbero essere ascoltate a Mosca, i rischi di sabotaggio — probabilme­nte spingerà il nuovo governo ad affrontare il Cremlino in modo più attento e determinat­o.

L’allarme

È stato Tom Bossert, ex consiglier­e di Trump e Bush, a rivelare la portata dell’intrusione

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In video Putin durante la conferenza stampa (Epa/Maxim Shipenkov)

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