Corriere della Sera

Cina in festa per la sonda rientrata Ora Xi sogna l’uomo sulla Luna

Successo della missione Chang’e che ha riportato a terra rocce del satellite

- di Guido Santevecch­i

La Cina esulta: la capsula del programma spaziale Chang’e-5 è tornata dalla luna con un atterraggi­o morbido nel deserto della Mongolia interna. La missione, durata tre settimane (era partita il 23 novembre) è stata un completo successo: c’è stato l’allunaggio di una sonda, la raccolta di rocce e terreno, la ripartenza, il rendez-vous con una navicella orbitante e il rientro a terra. Forse per il genere umano questo è un piccolo passo, perché Chang’e-5 ha caricato un paio di chili di terreno lunare e in passato il programma Apollo della Nasa ne aveva portato oltre trecento; anche i russi erano riusciti a raccoglier­e molti chili di rocce. Ma da oltre quarant’anni nessuna sonda aveva perforato la superficie lunare per catturare i suoi segreti. L’ultima raccolta di materiale sul nostro satellite risaliva al 1976, quando ancora esisteva l’Unione Sovietica e la corsa per l’esplorazio­ne spaziale era solo a due. Così questo successo rappresent­a un balzo gigantesco dal punto di vista del prestigio per la Cina di Xi Jinping.

Ora, c’è anche una bandiera rossa con le cinque stelle gialle a segnalare al mondo la prodezza spaziale della Cina, nella regione lunare denominata Oceanus Procellaru­m.

I campioni di terreno permettera­nno agli scienziati di Pechino, che non hanno mai avuto accesso al materiale raccolto dalla Nasa, di studiare la storia geologica della luna e la sua composizio­ne. E poi, i cinesi sottolinea­no con orgoglio che i loro due chili di rocce sono di un tipo diverso da quelle in possesso degli americani: i campioni della Nasa sono vecchi di tre miliardi di anni, mentre quelli scelti da Chang’e-5 sono di suolo vulcanico risalente a poco più di un miliardo di anni e dovrebbero aggiungere informazio­ni importanti sulla conformazi­one della luna.

Ma soprattutt­o, lo scopo della missione era dimostrare che la tecnologia cinese ormai è capace di far allunare un veicolo e di riportarlo a terra. Ieri si è trattato di rocce stivate nella capsula, presto a bordo ci saranno astronauti, anzi, taikonauti come si chiamano i membri degli equipaggi cinesi visto che spazio in mandarino si dice «taikong». Già nel 2022 il Partito-Stato ha programmat­o di mettere una stazione spaziale permanente in orbita lunare e entro i prossimi dieci anni ha promesso di insediare una stazione lunare con esseri umani. Una corsa esaltante, se si considera che la prima sonda lunare cinese, Chang’e-3, era allunata nel 2013. Gli americani non hanno più spedito astronauti sulla luna dal 1972, ma stimolati dalla sfida cinese si sono posti l’obiettivo di tornarci entro il 2028.

Molto coreografi­co il touch down nel deserto della Mongolia: la tv statale ha mostrato la scena, con la capsula (un po’ scorticata dal rientro nell’atmosfera) subito raggiunta dalla squadra di recupero, che ha piantato un’altra bandiera rossa nella sabbia.

Manca solo il fattore umano, l’eroe in tuta spaziale. Serve la versione mandarina di Neil Armstrong, l’americano che il 21 luglio del 1969 posò per la prima volta il piede sulla luna e disse la famosa frase «un piccolo passo per un uomo, un balzo gigantesco per l’umanità». La propaganda di Pechino ha pensato di galvanizza­re l’opinione pubblica presentand­o una comandante del progetto Chang’e: si chiama Zhou Chengyu, ha 24 anni ed è la più giovane del teamed è diventata una celebrità sul web: i cinesi la definiscon­o «Dà jiejie Zhou», Sorella Maggiore Zhou.

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La bandiera La sonda cinese Chang’e dopo l’atterraggi­o nelle steppe della Mongolia Interna

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