PER LEOPARDI LA PAZIENZA È LA VIRTÙ DEI FORTI MA I POLITICI LO IGNORANO
Èsconcertante constatare la frenesia nevrotica generale (compresa la rissa di ieri in Senato) in una fase che invece richiederebbe calma, non solo perché ci avviciniamo alla «Stille Nacht» natalizia. Un utile invito a riflettere sulla pazienza nel «tempo sospeso» della pandemia, anzi un invito a esercitare la pazienza è quello che proviene da Antonio Prete, studioso di Leopardi oltre che poeta. Il quale in un intervento su Doppiozero.it cita appunto lo Zibaldone: la pazienza è cura di sé, «una certa quiete dell’animo nel patimento». Non per nulla ha la stessa etimologia della compassione, e cioè va ricondotta alla sofferenza. E all’attesa. Attesa tra un prima che appare chiuso e un dopo incerto e imprevedibile. L’aspetto più sorprendente è che, avverte Prete, solo nell’accettazione di questa «aria ferma» e dunque nella capacità di pazientare ci apriamo alla speranza di un cambiamento, soltanto in quella quiete leopardiana possiamo immaginare e ri-progettare il futuro. Infatti, la pazienza non va confusa con la passività, perché la pazienza, pur nell’accettazione, non esclude affatto un atteggiamento critico. Per queste buone ragioni, sarebbe bene che i politici usassero di più la parola «pazienza» e soprattutto che la esercitassero come l’altra faccia della saggezza. E infatti non c’è da meravigliarsi del fatto che la «pazienza» è affiorata più volte tra le raccomandazioni di Angela Merkel, accostata alla solidarietà, cioè all’attenzione e alla cura non solo verso di sé ma verso gli altri. Se la qualità dei politici si misura anche (soprattutto?) dall’uso delle parole, pensate a quante volte, viceversa, in Italia avete sentito urlare da diversi pulpiti, negli ultimi giorni, che la pazienza è finita. E proprio nel momento in cui, appunto, bisognerebbe dotarsi di calma strategica e di attesa paziente, qualità dei forti. Una virtù «non eroica» la chiama Prete, o semmai una forma di «eroismo nascosto, dimesso, privo d’orgoglio e di esibizione». Già, ma se togliete l’esibizione muscolare dalla politica di queste settimane, che cosa rimane? L’isteria dei deboli (di senno).