Biometano e acqua, l’agroindustria diventa circolare
Circolarità energia-industria (agroindustria in questo caso) quasi totale. I terreni agricoli producono foraggi e cereali per la stalla. Le vacche crescono e vengono mano a mano trasferite in zona Parmigiano-Reggiano per la produzione di uno dei formaggi dop più famosi del mondo. I residui di materiale organico (diciamo così) di carattere non solo animale ma anche e soprattutto vegetale alimentano un impianto a biogas da 999 kilowatt. Ovvero un «digestore», fonte di energia sia per i consumi dell’azienda sia per la vendita sul mercato. Uno dei principali prodotti del digestore, infine, è il «digestato», il residuo naturale dei materiali che viene poi utilizzato sui campi in sostituzione dei fertilizzanti chimici. E qui il cerchio si chiude, almeno per il momento. Tutti questi processi avvengono all’Agricascinazza, un’azienda agricola in provincia di Lodi che si tramanda da generazioni nella stessa famiglia, i Gattoni. Carlo, ingegnere chimico oggi 74enne, negli anni Settanta prende le redini. Venti anni fa arriva anche il 49enne figlio Piero, fresco di laurea in Economia alla Cattolica
di Milano e oggi anche presidente del Cib, Consorzio Italiano Biogas. Carlo e Piero si dividono il lavoro, il padre la parte agricola, il figlio quella zootecnica. Soprattutto realizzano l’idea di una produzione agroenergetica. Partono con una quindicina di ettari tra cippato (legno in scaglie) e colture più pregiate, come il noce. Poi però fanno il salto proprio con l’impianto a biogas. Gli ettari lavorati passano da 180 a 300, si fanno doppie colture, le rotazioni aumentano. Tanto che Agricascinazza oggi è autosufficiente dal punto di vista delle razioni per le 200 bovine, e progetta addirittura di arrivare a 800, con una nuova stallaricovero informata ai nuovi criteri di benessere animale. Con l’opportunità dell’Industria 4.0, poi, l’azienda (fa 3 milioni di fatturato l’anno) adotta la sub-irrigazione, ovvero l’irrigazione con piccoli tubicini interrati a 40 centimetri. E il risparmio dell’acqua è proprio una delle «10 azioni per coltivare il futuro» promosse dal Cib, che ha lanciato il suo progetto «Farming for future».