La Triennale sfida il mistero (e chiama un’astrofisica)
La 23ª Esposizione del 2022 sarà curata da Ersilia Vaudo dell’Esa. Allestimento di Francis Kéré
Servono esploratori coraggiosi per andare alla scoperta dell’ignoto. Per sondare — o anche solo sfiorare — «quello che non sappiamo di non sapere». Con questo spirito e da questo titolo, che in inglese diventa Unknown Unknowns. An introduction to Mysteries, parte la missione della 23ª Esposizione internazionale della Triennale di Milano (20 maggio - 20 novembre 2022), viaggio nell’oscurità più remota guidato da un’astrofisica e da un architetto: la curatrice Ersilia Vaudo, chief diversity officer all’Agenzia spaziale europea (Esa), e il progettista dell’allestimento Francis Kéré.
Multidisciplinare, aperta al confronto, pronta a farsi carico della nuova fragilità che la pandemia ci ha consegnato. Ecco come sarà la 23ª Triennale spiegata ieri — in digitale — dal suo presidente, Stefano Boeri, dai protagonisti, dalle istituzioni che la sostengono (sono intervenuti il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini; Manlio Di Stefano, sottosegretario di Stato per gli Affari esteri; Dimitri Kerkentzes, segretario generale del Bie, Bureau international des expositions; il presidente lombardo Attilio Fontana; il sindaco di Milano Beppe Sala; Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi). Come sempre, ci sarà la mostra tematica, curata da Ersilia Vaudo e prodotta da Triennale; ci saranno le partecipazioni internazionali, invitate dal Bie (le Esposizioni della Triennale sono le uniche riconosciute dal Bureau a tenersi sempre nella stessa città, Milano, dal 1933) a sviluppare il tema. Ci saranno anche i progetti speciali, con i contributi del regista Romeo Castellucci (Grand
Invité della Triennale per il 2021-2024), del musicista e scrittore Francesco Bianconi, dello storico dell’arte Giovanni Agosti, della docente del Politecnico Ingrid Paoletti.
«Unknown Unknowns — ha illustrato Boeri — sarà un’occasione per portare avanti una riflessione collettiva sul futuro prossimo. Con la precedente edizione, Broken Nature, abbiamo raccontato come il legame tra uomo e ambiente nel corso degli anni sia stato compromesso, se non distrutto. Il tempo presente e l’epidemia ci hanno trasmesso una profonda fragilità, dovuta anche alla consapevolezza che la sfera dei fenomeni che non conosciamo, e che non sapevamo di non conoscere, si è enormemente ampliata». Ecco allora la sfida: «Allargare la conoscenza — delle leggi dell’universo, della natura, della psiche — e
Si intitola «Unknown Unknowns», quello che non sappiamo di non sapere
cambiare prospettiva sul ruolo che la nostra specie avrà nel decidere il futuro del pianeta Terra. Una sfida bellissima e difficile».
Nuovi punti di vista sul mondo e sul futuro. Declinati da designer, architetti, artisti, drammaturghi, musicisti. Superando la visione antropocentrica e disegnando un «nuovo atteggiamento verso lo sconosciuto, che non è un vuoto da riempire a tutti i costi o un oggetto di conquista», come ha spiegato ieri la curatrice Ersilia Vaudo. «La realtà — ha aggiunto — è fatta di misteri: conosciamo solo un piccolo 5 per cento dell’universo, del fondo degli oceani, della nostra coscienza e di molti altri ambiti. La 23ª Esposizione sarà un’esplorazione e ci confronterà con l’emozione del cercare, del sorprendersi, del sentirsi deboli davanti alla vastità di ciò che ci sfugge, questo simbolico 95 per cento di mondi sconosciuti con cui ci misuriamo. Il tutto mettendo a sistema competenze e culture per un’esperienza che offra la possibilità di uscire dalla zona di conforto di ciò che controlliamo».
Sembra una spedizione della Nasa, ma ha ragione Francis Kéré, progettista africano del Burkina Faso e fondatore di Kéré Architecture, quando dice che attraversiamo un tempo ignoto e dobbiamo attrezzarci. Anche nella costruzione degli spazi. Esempio: «Mentre ci apprestiamo a immaginare l’allestimento dell’Esposizione internazionale, non sappiamo quali restrizioni tra i percorsi espositivi resteranno in essere, o se emergeranno nuovi protocolli».
È inutile nasconderlo: gli «Unknown Unknowns» sono ovunque e spaventano. Ma possono diventare tema di confronto, stimolo, spartiacque di pensieri e comportamenti. E allora non resta che farsi stupire dall’inafferrabile, dal mistero. L’auspicio di Ersilia Vaudo in fondo è questo: «Cambiare prospettiva, lasciarsi andare allo stupore dell’indagine. Non lottare contro lo sconosciuto, ma cercare di abitarlo».