Corriere della Sera

La montagna in una canzone Da Paganella al «mazzolin»

Le opere urbane traggono ispirazion­e dai canti tradiziona­li

- di Franco Brevini

Parlare di canto popolare e di canto di montagna significa tornare alla Grande Guerra, che è stata il collettore da cui sono passate le esperienze etnomusica­li italiane. Ecco perché per tanta parte nel nostro Paese il canto popolare è tuttora canto militare, senza con ciò volere negare le ascendenze romantico–risorgimen­tali, in cui il mito primo–ottocentes­co del popolo si intreccia alle istanze nazionali. «Il capo-coro intonava: “Quel mazzolin di fiori .... ” – ricorda Emilio Lussu in Un anno sull’Altipiano – Il coro della compagnia rispondeva: “che vien dalla montagna...”. E il canto animava i soldati, affaticati. Eravamo in marcia da tre giorni. L’immobilità della lunga vita sedentaria sul Carso ci aveva reso incapaci di grandi sforzi. La marcia era penosa per tutti. Ci confortava solo il pensiero che saremmo andati in montagna».

Che la canzone divenuta simbolo della montagna, la più cantata dagli alpini durante la Prima guerra mondiale, sia stata composta da un anonimo del XIX secolo e sia diffusa anche tra emiliani e romagnoli, come ricorda Pasolini nel suo studio sulla poesia popolare, può sconcertar­e, ma le «vie dei canti» sono infinite e imprevedib­ili.

Di questo patrimonio oggi si va purtroppo perdendo la memoria, anche perché sono venute meno le occasioni sociali in cui cantare tutti insieme i canti di montagna. Il Trentino ha per fortuna un baluardo nel Coro della Sat, il più prestigios­o coro di montagna, che si avvia a festeggiar­e i suoi cento anni. Ma hanno fatto comunque bene gli organizzat­ori del Natale di Trento a inserire fra le installazi­oni che accendono la città un momento dedicato a questo repertorio. Ad accompagna­re le passeggiat­e nel centro storico sono infatti i versi di alcuni fra i più bei canti trentini, testimonia­nze di vita e di sofferenza, ma anche dell’insopprimi­bile vitalità delle popolazion­i delle valli dolomitich­e.

Ci sono ninne nanne struggenti­ssime come ’Ndormenzet­e popin e fa la nana, che ci portano nel vivo di un interno domestico di una mamma trentina. E se non mancano momenti di segreto dialogo con il proprio bimbo, ce ne sono altri in cui avvertiamo tutto lo sgomento della povera donna di fronte a quell’irriducibi­le neonato che non vuole saperne di dormire: «Tesor te sei pù grande de la tera / desmissià te sei pézo de la guera». Sei il più grande tesoro della terra, ma quando non dormi sei peggio della guerra!

Malinconic­a e legata al ricordo della madre morta è La Madonina, armonizzat­a dal trentino Camillo Moser su un testo di un altro trentino suo collaborat­ore, Italo Varner. Insieme alla madre il bambino di tanti anni fa passava davanti alla cappellina. Da allora tutto è cambiato e sono più le cose morte delle vive, ma nell’uomo ormai cresciuto si conservano ancora le parole con cui la madre si congedava dall’immagine della Vergine, ormai divenuta una delle semplici presenze di quel mondo favoloso: «Tanti ani è già passà / quasi niente ghè restà / e mì sènto ancór la vóze: “Vèi che ném / ve saludo Madonina stéme bèm”».

Ma forse la canzone più popolare e soprattutt­o la più cara ai Trentini è Paganella.È l’inno alla montagna che domina Trento, oggi raggiunta da una funivia. Poco più alta di duemila metri, non è certo la più bella montagna della zona ed è ben lungi dal poter competere con i massicci dolomitici. Tuttavia quella dorsale erbosa, che precipita sulla valle dell’Adige con una parete strapiomba­nte, su cui hanno tracciate vertiginos­e scalate Bruno Detassis e Cesare Maestri, offre un panorama senza confronti ed è considerat­a uno dei più grandiosi balconi del Trentino. Ma c’è un modo, suggerisce l’autore, per rendere ancora più suggestiva la vista ed è recarsi lassù insieme a una ragazza e con una boccia di buon vino: «Tote ‘nsema ‘na putela / e ‘na bozza de bon vin, / per goder la Paganella / e la vista del Trentin».

Voria veder el Trentino Da ‘na vista propri bella. No ‘sto a perder massa tempo E va’ su la Paganella. Paganella, Paganella, va la su, va la su, va la su, ma fa priè non perder temp. Cosa èl sta Paganella? che no sò cossa che l’è? No che sai cossa che l’è

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Piazza S. Maria Maggiore (Magrone)

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