Corriere della Sera

Scandalo Strauss-Kahn: una storia di liberazion­e femminista

- di Aldo Grasso

Una storia per capire come spesso la giustizia non sia altro che la continuazi­one della politica con altri mezzi. «Chambre 2806: l’affaire Dsk» è la nuova docu-serie del regista francese Jalil Lespert, in quattro puntate, che racconta il caso di presunta violenza sessuale che ha coinvolto il politico francese Dominique Strauss-Kahn, in quei giorni all’apice della sua carriera. Era capo del Fondo monetario internazio­nale (Netflix).

Maggio 2011, la polizia arresta a New York Dsk, l’acronimo con cui Strauss-Kahn è noto in Francia: una cameriera del lussuoso hotel Sofitel di Manhattan lo accusa di stupro. Quattro giorni dopo, Dsk si dimette dall’Fmi. Lo sostituisc­e Christine Lagarde. Lo scandalo gli costerà anche la corsa all’Eliseo nel 2012: Dsk era ritenuto uno dei candidati di punta del partito socialista francese, i sondaggi erano tutti a suo favore. Al suo posto vincerà Francois Hollande, battendo Nicolas Sarkozy, in questi giorni, peraltro, rinviato a giudizio per traffico di influenze. A luglio 2011, la svolta nell’indagine: gli investigat­ori rilevano incongruen­ze tra il racconto della cameriera e quello di Dsk.

Inoltre, secondo il procurator­e la donna ha mentito. Vengono così revocati i domiciliar­i al direttore e la cauzione viene restituita. Ad agosto 2011, la Procura di New York archivia le accuse nei suoi confronti e nel 2012 viene chiusa anche la vertenza civile con la cameriera dell’hotel. La donna riceve un indennizzo concordato davanti al giudice.

Il documentar­io ci fa capire come questo caso sia stato molto più che un fatto di cronaca, una storia di liberazion­e dei movimenti femministi: «È l’affaire Dsk che ha lanciato il movimento #MeToo», sostiene un’intervista­ta. Che poi, alla fine, Dsk, non certo uno stinco di santo nel ruolo di seduttore, sia stato assolto da accuse infamanti diventa quasi irrilevant­e. Molto più rilevante, invece, che oggi si dia spazio a tesi innocentis­te.

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