Tra Europa e Cina accordo a sorpresa sugli investimenti
Spinta decisiva di Merkel. Gli effetti sui rapporti con Biden. Il nodo dei veti sul 5G
Europa e Cina accelerano a sorpresa. L’accordo sugli investimenti è sempre più vicino. Decisiva la spinta della cancelliera tedesca Angela Merkel.
Il 2020 si è aperto con la Cina impegnata a negare l’esistenza di un’epidemia che, poco dopo, avrebbe affondato l’economia in Europa. E sta per chiudersi con un accordo storico fra la Cina e l’Unione europea sugli investimenti fra i due blocchi, in entrambe le direzioni. La firma, ha detto ieri Valdis Dombrovskis a Bloomberg Tv, potrebbe arrivare questo mese: «Il lavoro è a un punto molto avanzato» ha commentato il vicepresidente della Commissione Ue che gestisce la delega al Commercio.
«Per come stiamo procedendo, possiamo concludere già entro l’anno».
La scadenza non ha niente di casuale, perché tra dieci giorni finisce anche il semestre di presidenza dell’Unione europea affidato alla Germania. Questa potrebbe essere l’ultima occasione di Angela Merkel per imprimere la propria direzione al club dei Ventisette: per il seguito, la cancelliera resta ancora ferma sulla sua scelta di non ricandidarsi alle elezioni politiche di settembre.
Dev’essere anche per questo che Berlino in questi ultimi giorni ha impresso un’accelerazione ai negoziati, secondo alcuni osservatori. La presidenza tedesca voleva a tutti i costi chiudere prima di passare la mano, al punto che il ritmo delle trattative negli ultimi giorni ha sorpreso persino alcuni negoziatori degli altri Paesi europei. Poi ieri mattina si è tenuta una riunione dei diplomatici di tutti i governi e nessuno ha sollevato obiezioni.
I contenuti dell’accordo saranno più chiari all’annuncio ufficiale, ma ieri Dombrovskis ha anticipato qualcosa: «Ci concentriamo sull’equilibrio nel campo di gioco, perché finora l’Europa è stata più aperta agli investimenti cinesi di quanto la Cina lo sia stata ai nostri». Gli europei avrebbero ottenuto impegni nelle aree sensibili, quelle nelle quali il regime di Pechino si muove da vent’anni senza troppi scrupoli: i trasferimenti forzati di tecnologie, che obbligano le imprese estere presenti in Cina a cedere i propri segreti industriali e la proprietà intellettuale; la libertà di movimento delle imprese di Stato di Pechino che spesso perseguono all’estero obiettivi politici e non solo commerciali; la trasparenza nei sussidi pubblici dei produttori cinesi di beni come l’acciaio o i pannelli solari che inondano i mercati mondiali a prezzi imbattibili.
In contropartita, Pechino ha chiesto più accesso al mercato europeo per gli investimenti delle proprie imprese. In particolare, secondo alcuni osservatori, in un settore su tutti nel quale i cinesi sono fortissimi: le energie rinnovabili. Dombrovskis non ha fornito dettagli, ma l’accordo segnala il senso di marcia che soprattutto la Germania vede per rapporti con la seconda potenza del pianeta. A Berlino, a Bruxelles e in fondo anche a Parigi e a Roma la rivalità strategica con la grande superpotenza autoritaria interessa molto meno della possibilità di fare affari con essa. Del resto il trattato apre agli europei settori molto vasti come i servizi finanziari, la manifattura o l’immobiliare. Così l’Europa a trazione tedesca vede nella Cina un mercato verso cui esportare e nel quale investire, più che una minaccia geopolitica o per i diritti umani. L’accordo evita per esempio di vincolare la parte cinese ai requisiti minimi internazionali di tutela dei lavoratori. Ed è un paradosso, proprio mentre l’europarlamento condanna il ricorso ai lavori forzati imposto da Pechino sugli uiguri dello Xinjiang.
Non sfuggirà a nessuno, a Washington neanche, che questo accordo arriva mentre l’America è nell’interregno della transizione dei poteri. Per la verità Joe Biden, il presidente eletto, aveva già segnalato quale sarebbe stata la sua priorità di politica estera: mobilitare l’Europa in una coalizione delle democrazie in antitesi ai sistemi autoritari e in particolare alla Cina. Il nuovo inquilino della Casa Bianca non ricercherà un disarmo immediato nella guerra commerciale con Pechino che sta per ereditare da Donald Trump.
Ma ora la Germania e l’Europa si smarcano un po’, ancora prima che il nuovo presidente americano abbia avuto il tempo di mettere piede nella Casa Bianca.
La firma, ha detto il commissario Dombrovskis, possibile già questo mese