UN ESECUTIVO CHE SI MUOVE IN UN ORIZZONTE DI SETTIMANE
La domanda è come vada interpretato il rinvio di fatto dell’offensiva di Italia viva contro il premier. Senza dubbio, il partito di Matteo Renzi ha acquistato «visibilità», imponendo la sua agenda a Giuseppe Conte. E l’insistenza sulla sfida farebbe pensare che non possa accontentarsi di un cambio di ministri o di programma. Dunque, a gennaio potrebbe succedere di tutto. Ma quel «di tutto» racchiude più incognite che certezze: anche perché l’attacco a Palazzo Chigi, nato con la speranza di trovare una sponda nel M5S e nel Pd, è diventato via via più solitario.
Forse era inevitabile. La virulenza con la quale i renziani hanno annunciato il benservito a Conte mentre trattava a Bruxelles con l’Europa, è suonata come una forzatura. E ha obbligato sia il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sia il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, a schierarsi col premier. Destabilizzarlo in una fase così drammatica sarebbe apparso irresponsabile. E non per l’indebolimento del capo del governo, ma per i riflessi sulla percezione dell’Italia all’estero.
Per questo, nel Pd c’è perfino chi ritiene che Renzi abbia rafforzato Conte, senza volerlo.
Difficile valutarlo con freddezza in un momento di confusione massima. Iv continua a far sapere sotto voce che sarà difficile evitare la resa dei conti, e questo rende più complicato un ripiegamento in extremis di fronte all’isolamento da parte degli alleati. È vero che nel Pd l’insofferenza per i ritardi del governo non diminuisce. Ieri mattina Zingaretti ha chiesto a Palazzo Chigi di non rimandare più. «Se non ci sarà un provvedimento del governo» ha aggiunto nelle vesti di presidente della regione più che di segretario del Pd, «il Lazio adotterà un provvedimento per la fase natalizia».
Ma non significa seguire Renzi sulla strada dello scontro frontale. Semmai, si confermano la sensazione di una politica costretta a muoversi su un orizzonte di giorni, e la preoccupazione per la lentezza con la quale il governo italiano progetta il Fondo per la ripresa. È un limbo decisionale rischioso. Nelle sue pieghe si manifestano episodi gravi come gli scontri di ieri in Parlamento tra esponenti della Lega e del M5S sul decreto sicurezza. Il resto del centrodestra sembra non avere gradito.
La tensione, però, rimane alta, con il leader Matteo Salvini che annuncia la propria disubbidienza di fronte ai divieti decisi dal l’esecutivo. È una posizione estrema, eppure l’intera opposizione avverte che, se per caso si aprisse una crisi a gennaio, giocherebbe una propria partita: non asseconderebbe le manovre renziane per trovare sponde nelle sue file. È un elemento che restringe i margini di manovra di Iv, incline a muoversi su più tavoli. Ma anche ansiosa di non restare isolata e schiacciata in un angolo.
iItalia viva ha rinviato la sfida a Conte mentre il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle restano in posizione di attesa