Marta e quella laurea in giurisprudenza «Una tesi sull’omicidio nel ricordo di papà»
La figlia del vigilante ucciso a Napoli da tre ragazzini
Stamattina Marta andrà lì dove riposa il suo papà e gli porterà i fiori che ha avuto in regalo l’altro giorno. Con il bouquet che lascerà sulla tomba, forse gli porterà a vedere anche la corona d’alloro e soprattutto quella tesi in «Dolo eventuale e colpa cosciente dei delitti di omicidio» premiata con 110 e lode al corso di laurea in Giurisprudenza della Federico II.
Papà Franco era orgoglioso dei suoi studi e il giorno in cui la figlia è diventata dottoressa sarebbe stato uno dei più belli della sua vita. Ma lui non ha potuto esserci, non ha potuto festeggiare perché nel marzo del 2018 fu ucciso da tre ragazzini che una sera trovarono la paninoteca chiusa e per passare il tempo decisero quindi di massacrare a sprangate quell’uomo con la divisa da guardia giurata che stava facendo il suo giro di servizio ed era andato a controllare che alla fermata della metro del quartiere Piscinola fosse tutto a posto.
Di fronte alla stazione c’era un tavolo rotto: quei tre staccarono le gambe e aggredirono Francesco Della Corte alle spalle. Pensarono che rompergli la testa fosse un buon metodo per poi rubargli tranquillamente la pistola. Li presero subito: erano tutti minorenni, più piccoli di Marta e di suo fratello.
Lei oggi ha 23 anni, e a conti fatti è riuscita a tenersi al passo con gli esami universitari nonostante il dolore e anche la rabbia per quello che è successo dopo: pena ridotta in appello agli assassini e permesso a uno di loro di andare a casa per festeggiare il diciottesimo compleanno, con tanto di foto postate sui social.
«L’università è stata il mio punto di riferimento in questi due anni, anche più di prima. Intorno a me tutto cambiava, la mia stessa vita cambiava e io mi sono aggrappata ai libri. E ne sono felice e orgogliosa».
Su quei libri Marta ha trovato anche risposte alle domande che le sono venute in mente leggendo le carte processuali. «Più che di dolo eventuale, per quanto riguarda l’omicidio di mio padre parlerei di dolo volontario. Ma la scelta della tesi è ovviamente anche il frutto di un confronto con il mio relatore, il professor Giuseppe Amarelli. Certamente, però, l’esperienza personale ha influito sul corso dei miei studi. Dopo quello che è successo alla nostra famiglia il mio interesse per il diritto penale è decisamente aumentato».
Nell’intervista rilasciata ieri al Mattino, che per primo ha riferito della laurea, Marta Della Corte parla della necessità di revisione del processo minorile, che attualmente non prevede la costituzione delle parti civili nemmeno di fronte a un reato come l’omicidio. Ma lo fa come parte in causa, lasciando che sia il suo legale, il penalista Marco Epifania, a esprimere sulla questione un parere tecnico. Lei magari lo farà più avanti, quando sarà diventata avvocato. «Sì, il mio obiettivo adesso è svolgere la pratica forense. È quello che avevo in mente quando mi sono iscritta a Giurisprudenza ed è quello che voglio fare adesso. Poi, certo, possono prospettarsi altri scenari. Io non ho preclusioni, se mi capiteranno delle opportunità cercherò di coglierle».
Però adesso, nell’immediato, la cosa che Marta più desidera è godersi questo momento di felicità, dopo tante lacrime e tanto dolore. «Sì, è una gioia straordinaria. Anche perché davvero ho sentito che mio padre era vicino a me in quel momento così importante. La seduta di laurea è stata da remoto, e io per tutto il tempo ho avvertito che lui era lì, e che è stato felice insieme a noi».
Francesco Della Corte fu assalito a sprangate due anni fa durante un giro di controllo