Corriere della Sera

Nel deserto dei segreti «Qui non mollo mai»

Vaccarello, lo stilista di Saint Laurent: «Ritornare a sfilare a Parigi? Non faccio previsioni. Volevo cambiare le cose»

- di Paola Pollo

Le modelle incedono sulle dune. Sprofondan­o nei loro tacchi a spillo. Ma sfilano, imperturba­bili. Solo sabbia e sole. E chiffon e piume che svolazzano, rompendo la linea dell’orizzonte di un deserto immenso per qualche ora firmato Saint Laurent. Anthony Vaccarello non vuole svelare il nome del luogo dove sfila la sua primavera-estate 2021. Sorride e dice che è un segreto per enfatizzar­e il sogno: «I wish you were here», «Vorrei tu fossi qui», il titolo del video-show. «Mi sono concentrat­o sull’essenziali­tà che penso sia un segno dei tempi. Ma non volevo

Dagli archivi

«Ho scelto la maglia e gli anni Sessanta, quelli delle donne libere e ottimiste»

niente di cupo o pesante. Il deserto, per me, simboleggi­a quel desiderio di serenità, spazio aperto, un ritmo più lento. I vestiti sono anche più morbidi e lo spirito della collezione è delicato». Fil rouge la maglia, ritrovata negli archivi al capitolo anni Sessanta: materiale che si plasma sui corpi senza mai costringer­li. E lo chiffon a fiori accesi. Abiti e giacche e pantaloni e tuniche mini. E lo smoking aggiornato: camicetta e ciclista, ormai un pezzo iconico del guardaroba del brand. Lo stilista è più che soddisfatt­o. Saint Laurent gli appartiene sempre di più.

Come promesso in aprile, in pieno lockdown, il designer ha sfilato fuori calendario. Una scelta coraggiosa per la maison simbolo di Parigi che ha suscitato parecchie critiche.

«Non mi sono quasi mai interessat­e le critiche. Siamo rimasti tutti sorpresi da questa pandemia. Abbiamo dovuto reagire e andare avanti. Ero stanco di vedere questi video di personaggi famosi che dicevano che dovevamo cambiare le cose. Volevo farlo. Ne ho discusso con Francesca Bellettini (l’ad ndr) che era della mia stessa opinione. Sono molto fortunato ad avere il suo sostegno sempre. Non aveva senso penalizzar­e ulteriorme­nte la gente».

Cosa significa per lei questa lunga assenza dal podio, che impegna voi creativi a cercare anche nuovi modi di comunicare?

«È emozionant­e e apre ogni giorno nuove prospettiv­e, non è un lavoro in più. Ma al centro resta l’abito e la creazione. Quando l’immagine, il commercio e il marketing hanno la precedenza, è la fine.Non sento questa lunga assenza dai podi. Sono sempre stato attratto dal cinema e ho sempre costruito ponti con esso, molto prima della pandemia. Per me l’immagine di un marchio dovrebbe essere globale e non limitarsi a una sfilata. In effetti, uno dei miei ricordi più belli è legato al Festival di Cannes due anni fa con Gaspard Noé».

Saint Laurent non è certo la casa, la famiglia o le file al supermerca­to. Come si esprime in un mondo che oggi ha solo questi scenari?

«È così. Perché no? In questa stagione, la donna Saint Laurent sta proprio entrando nella sua casa, o in un supermerca­to. È in pigiama, indossa la maglia, i suoi movimenti sono più liberi, più flessibili. Resta a casa e non molla mai, come le ragazze degli anni Sessanta che erano ottimiste perché il futuro le ispira. Per questo ho mi sono rifatto alle prime collezioni di Yves, come quella del ‘68 che ricollego a ciò che stiamo vivendo ora. Ma non c’è nostalgia».

La pandemia ha cambiato la sua visione creativa?

«No. La riflession­e non è questa. Ma una situazione come questa mi permette di rimettere a fuoco, di concentrar­mi sull’essenziale del mio lavoro: l’abbigliame­nto, realizzato al meglio e il più possibile in linea con i desideri di oggi».

Quando tutto sarà finito, tornerà sotto la Torre Eiffel con gli altri?

«Non sappiamo nemmeno cosa sarà domani. Non faccio mai previsioni. Non vedo il futuro. Ma perché no? O perché non altrove? Spero che il nostro settore impari da questa situazione, ma la verità è che non ho idea di cosa accadrà. Ognuno dovrà prendere le proprie decisioni e responsabi­lità».

Ha avuto paura?

«Vivo tutto questo nel modo più sereno possibile. Cerco di vedere la luce nel caos. Anche se sono una persona nostalgica, sono per natura abbastanza ottimista.

Quale indumento pensate rimarrà per sempre?

«Un capo classico e unico».

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