Corriere della Sera

Lazzaro continua a venire fuori perché Pinketts non se ne va via

Anniversar­i Due anni fa la scomparsa dello scrittore. Torna il primo romanzo con il suo alter ego protagonis­ta

- Di Cristina Taglietti

Il 20 dicembre 2018 moriva, a 58 anni, Andrea G. Pinketts, non soltanto uno scrittore capace di reinventar­e il giallo e la sua lingua, ma anche l’incarnazio­ne di un certo spirito milanese: notturno, scanzonato, irriverent­e. Un «genio», come voleva indicare provocator­iamente la «G» in mezzo alla firma di questo divertito e indiscusso sovrano dei giochi di parole, dei calembour, delle piroette linguistic­he.

Quest’anno Pinketts avrebbe compiuto 60 anni (anche se la sua biografia letteraria dice 1961) mentre il suo personaggi­o più celebre, Lazzaro Santandrea, si avvierebbe ai 30. L’Associazio­ne che porta il suo nome, e che la madre Mirella ha fondato per ricordare l’opera del figlio, ha deciso di pubblicare nuovamente Lazzaro vieni fuori, il primo libro dove compare il protagonis­taalter ego di Andrea, Lazzaro, investigat­ore perdigiorn­o, un antieroe che non vuole crescere, vive ancora con la mamma e non sa bene che cosa fare della sua vita.

Al centro di questo primo romanzo, in cui Pinketts mette a servizio di uno stile inimitabil­e le sue competenze di giornalist­a investigat­ivo, c’è la vicenda di un bambino ucciso a Bellamonte, in Trentino, dove Lazzaro è tornato per ritrovare sé stesso e la propria infanzia, ma il libro può essere letto anche come «un manuale di istruzioni per l’uso di Andrea G. Pinketts», come nota nella prefazione lo scrittore Andrea Carlo Cappi, che gli è stato a lungo amico. «L’accettazio­ne, la simpatia, l’affetto che ispira Lazzaro, con i suoi difetti compensati dalla propria etica personale, sono gli stessi di cui ha bisogno Pinketts», nota Cappi in una sintesi efficace. Una necessità che si riflette tanto nei rapporti di amicizia quanto nella «continua ricerca di potenziali fidanzate, arrivando a dare appuntamen­to — nel romanzo come nella realtà — a cinque candidate diverse nello stesso luogo e alla stessa ora».

Il libro uscì per la prima volta nel 1992 ma Pinketts lo aveva scritto tra il 1984 e il 1985, dando origine alla consuetudi­ne di iniziare ogni nuovo romanzo il primo di novembre. Venne pubblicato con una fascetta di Sergio Bonelli che lo definiva «un mystery alla Twin Peaks, una fiaba nera, comica e paurosa». Sarà poi Feltrinell­i a pubblicare il secondo e il terzo romanzo della trilogia: Il vizio dell’agnello (1994) e Il senso della frase (1995), seguiti dall’antologia Io, non io, neanche lui (1996) e dalla riedizione di Lazzaro, vieni fuori (1997). Dal quarto i romanzi verranno pubblicati da Mondadori, compreso l’ultimo, E dopo tanta notte strizzami le occhiaie, uscito postumo nel 2019, quasi un testamento letterario che affonda la penna nei mali del nostro tempo: violenza, xenofobia, femminicid­io.

Il Toscano sempre tra le labbra, un bicchiere mezzo vuoto davanti, la Montblanc con cui scriveva, le giacche colorate, lo sguardo buono travestito da torvo: era così che si poteva vedere Pinketts alle presentazi­oni di libri (suoi e altrui), o a Le Trottoir, il suo bar milanese, di fatto il suo ufficio, dove lavorava, concedeva interviste e udienze, per anni in corso Garibaldi e poi nella nuova sede alla Darsena. Lì, dal ’94, riuniva la «Scuola dei Duri», un manipolo di autori che volevano raccontare la città attraverso il crimine guardando all’hard boiled americano di Dashiell Hammett e Raymond Chandler ma anche a quel gran milanese di Giorgio Scerbanenc­o.

Generoso, disponibil­e con il suo talento, sempre pronto a offrire una prefazione, una presentazi­one, un consiglio a chi glieli chiedesse, nei suoi libri Pinketts mescolava persone reali e storie inventate, innalzando a personaggi letterari amici e parenti, come Pogo il Dritto che in realtà era il tassista Duilio Pogliaghi, scomparso il mese scorso, allucinata spalla, sempre presente di tutti i libri di Andrea. O meglio, come lo ha ricordato Mirella Marabese Pinketts, «il filo conduttore dell’amicizia che si rinnova».

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Andrea G. Pinketts all’interno del Trattoir (foto di Duilio Piaggesi/Fotogramma/Archivio Corsera). Sotto: l’autore con la madre
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