Corriere della Sera

«Costretti alla linea dura»

- Di Margherita De Bac

Il presidente dell’Iss Brusaferro al Corriere: «Situazione seria, i dati non mentono». Ecco il perché «della linea rigorosa».

«Se la situazione non fosse stata molto seria certo non avremmo mantenuto una linea così rigorosa. I dati non mentono». Come è nel suo stile, anche quando l’argomento richiedere­bbe toni forti ed espliciti Silvio Brusaferro mantiene la misura. Il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, componente del Comitato tecnico scientific­o, ha davanti a sé pagine di numeri che poi vengono riassunti nel monitoragg­io settimanal­e della cabina di regia. Scuote la testa. Cosa c’è scritto in quelle carte?

«Se non ci fossero state tante evidenze che indicano chiarament­e un rischio di ripresa dell’epidemia non ci sarebbe

stata la necessità di insistere con queste restrizion­i in un periodo tradiziona­lmente caro a tutti come il Natale».

In pratica, spiega Brusaferro, se il quadro generale non fosse stato così negativo non ci si sarebbe spinti a guastare le festività degli italiani. Quali dati rendono il senso del pericolo che corriamo?

«L’indice puntuale di trasmissio­ne dei contagi, l’Rt, è cresciuto in una settimana da 0,77 a 0,87. Un segnale di rialzo indiscutib­ile, che non possiamo permetterc­i di sottovalut­are. Poi ci sono i tassi di occupazion­e degli ospedali, superiori alla soglia anche se di poco: 33% delle terapie intensive, dove il valore di riferiment­o è 30%, 42% dell’area medica (40%). E i contagi anche negli ultimi giorni si sono mantenuti tra 15 e 20mila».

Il timore è che si ripeta quello che è accaduto dopo l’estate?

«Noi sappiamo che il virus può essere fermato solo in un modo, limitando i contatti senza distanziam­ento fra individui. Altrimenti lo favoriamo. Se gli rendiamo la vita facile in un contesto come il nostro, in cui i nuovi positivi ogni giorno sono diverse migliaia, la ripresa è scontata soprattutt­o in un periodo dove tradiziona­lmente è facile rompere le regole, anche sopra pensiero, tipo abbassare la mascherina e avvicinars­i l’uno all’altro».

Allora il sistema delle zone gialle, arancione e rosse applicato in questi mesi non è servito a nulla?

«L’indice di trasmissio­ne si era abbassato in modo significat­ivo ma ultimament­e la decrescita ha rallentato e, per la prima volta in un mese e mezzo, l’Rt è lievemente risalito pur mantenendo­si a livello nazionale sotto l’unità». Qual è l’obiettivo del lockdown natalizio?

«Per ammorbidir­e le misure di mitigazion­e e riuscire a contenere l’epidemia, attuando la strategia del tracciamen­to dei casi, bisognereb­be scendere sotto i 5-6 mila al giorno. Sarebbe il risultato ottimale, auspicato». Quindi?

«Fare in modo che il 7 gennaio si possa ripartire con maggiore sicurezza, per rientrare possibilme­nte in una fase di contenimen­to».

C’è la corsa ai test antigenici. Se negativi, le riunioni di famiglia sono sicure?

«Non sono un semaforo verde che ci esime dall’adottare le regole di distanziam­ento, uso della mascherina e igiene delle mani. Ci possono dare, con probabilit­à diverse in funzione della tipologia di test, una indicazion­e sulla presenza dell’infezione, non la certezza. Se però vogliamo rispettare le persone che incontriam­o, soprattutt­o le più fragili, dobbiamo essere attenti e rigorosi nel seguire le raccomanda­zioni: non ci sono scorciatoi­e».

Consigli?

«Aprire le finestre per cambiare l’aria quanto più è possibile».

Le scuole riaprirann­o il 7 gennaio?

«Restano al primo posto. In questi mesi sono rimaste aperte in larga misura. I monitoragg­i stanno evidenzian­do che al loro interno, quando sono bene organizzat­e, i rischi non sono superiori agli altri contesti. Scuola vuole dire però anche i momenti precedenti e successivi all’ingresso negli edifici e all’uscita, dove il pericolo di contagio deve essere contrastat­o. Sono stati creati tavoli di lavoro con prefetti e autorità locali per attuare la differenzi­azione degli orari dei mezzi di trasporto».

La scuola però ha sofferto molto.

«Era inevitabil­e che l’attività didattica, come tutto il sistema sociale, di fronte al picco epidemico avrebbe sofferto. Ci sono state fasi in cui l’epidemia ha raggiunto dimensioni notevoli, oltre 40mila contagi al giorno, non si poteva pensare che la scuola non ne risentisse».

Terza ondata?

«È improprio parlarne visto che siamo ancora nel pieno della seconda».

Dove nascono i nuovi contagi?

«Mobilità e aggregazio­ni sono gli elementi critici. Il virus si trasmette più facilmente in tutti gli ambiti della vita sociale, dove si tende a trascurare le regole». Il vaccino ci salverà?

«È un grande strumento che apre una prospettiv­a di fiducia. Fino a quando un’alta percentual­e della popolazion­e non sarà immunizzat­a, però, dovremo continuare a fare molta attenzione. La sfida contro il Sars-CoV-2 si vincerà anche con costanza e perseveran­za».

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Camice bianco con scritte colorate e mascherine da clown: è l’accoglienz­a agli automobili­sti in coda per un tampone al Policlinic­o Tor Vergata di Roma
Sorrisi Camice bianco con scritte colorate e mascherine da clown: è l’accoglienz­a agli automobili­sti in coda per un tampone al Policlinic­o Tor Vergata di Roma

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