Raggi assolta accusa i suoi leader E saltano i piani del M5S nelle città
Il nodo dei «nemici» interni: con lei si complica il risiko di alleanze tra Movimento e Pd
Una sentenza che non fa piacere, nonostante le pubbliche dichiarazioni, né ai vertici dei 5 Stelle né a quelli del Pd. La Corte d’Appello conferma l’assoluzione della sindaca di Roma Virginia Raggi. Per i giudici non commise reato durante la procedura che portò alla promozione di Renato Marra. Un’eventuale condanna avrebbe consentito ai 5 Stelle di giocare la partita delle elezioni liberamente, accordandosi con il Partito democratico, e costruendo un primo tassello del lego che coinvolge altre quattro importanti città al voto. L’assoluzione manda all’aria invece i piani dei due alleati di governo e costringerà probabilmente i 5 Stelle a ribadire il sostegno al bis per la Raggi. Che però nel frattempo si toglie parecchi sassolini dalle scarpe e attacca a testa bassa.
La prima cittadina era imputata per aver dichiarato, nel 2016, all’allora responsabile anticorruzione del Campidoglio, Maria Rosa Turchi, di aver deciso, lei sola, ogni dettaglio della nomina a capo della direzione Turismo di Renato Marra, senza consultare il fratello del candidato,
Raffaele, all’epoca capo del personale del Campidoglio. La circostanza, secondo le accuse, era smentita dalle chat in cui Raggi rimproverava proprio l’ex capo del personale per l’aumento di stipendio al fratello vigile. Per questo la pg Emma D’Ortona aveva chiesto 10 mesi di reclusione. Ma secondo i giudici «il fatto non costituisce reato» e la sindaca esce dal secondo grado di giudizio con una nuova assoluzione, che segue quella arrivata nel 2018. Ora commenta dura, invitando i suoi nemici nel Movimento a «riflettere» e attaccando chi sale «sul carro del vincitore».
L’elenco dei «nemici» è lungo. C’è la sua grande rivale romana Roberta Lombardi, che duella con lei da anni. Ci sono Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, che l’avevano «commissariata» per conto del M5S. C’è Luigi Di Maio, che tempo fa avanzò esplicitamente l’ipotesi di un accordo con il Pd. E molti altri. Di fatto, l’unico esponente di spicco a difenderla pubblicamente, agli Stati Generali, era stato Stefano Buffagni. Ieri, invece, lodi sperticate da tutti ii big e attacchi alla stampa. Per Di Maio la Raggi è «una grande donna», per Paola Taverna la sua è «una vittoria umana», per Vito Crimi «non è passato un giorno senza attacchi, insulti, fango, fake news». Nelle dichiarazioni ufficiali è tutto un «Forza Virginia», nei commenti privati non si nasconde l’irritazione per le accuse lanciate
d Luigi Di Maio, ministro M5S degli Esteri
Per la sentenza d’appello, come era successo in primo grado, non c’è un reato
Oggi Virginia Raggi è stata assolta. Ancora una volta. Continua a resistere grande donna, il Movimento 5 Stelle resiste insieme a te
dalla sindaca: «Non vogliamo farci mancare neanche in questo giorno felice i nostri dieci minuti di faida interna», commenta un dirigente.
Per mesi le era stata contrapposta l’altra sindaca 5 Stelle di una grande città, Chiara Appendino. Ora i ruoli si sono ribaltati. La sindaca di Torino è stata condannata e non si può ricandidare, la Raggi, assolta, schiuma felicità e rabbia. La Appendino ieri, amareggiata, ha abbandonato la chat dei sindaci 5 Stelle, spiegando che da auto-sospesa non è il caso di restare lì.
Ma l’assoluzione complica anche il quadro delle città. Non è un mistero che a Roberto Fico non dispiacerebbe presentarsi nella sua città, Napoli. E che a Torino è già scattata la corsa al successore della Appendino. Ma tre città spetterebbero al Pd e se Roma resta dei 5 Stelle, la spartizione non quadra più. La strategia che vorrebbero perseguire i dem, a questo punto, sarebbe una convergenza esplicita al secondo turno del Movimento sul candidato del Pd. Già, perché difficilmente la Raggi arriverebbe al ballottaggio (nell’ultimo sondaggio, a fine novembre, era al 20,3). Solo che Carlo Calenda, potenziale sfidante, è sgraditissimo (e viceversa) ai 5 Stelle. E il quadro di accordi, desistenze e liti non viene agevolato dalla sentenza di ieri.
I giudici