Il rivale Calenda si congratula e incalza i dem: «Squadra pronta entro febbraio»
L’occhio sulla politica nazionale resta sempre, perché una volta che ci passi non smetti più. E per questo Carlo Calenda, al momento unico sfidante ufficiale di Virginia Raggi nelle elezioni della prossima primavera a sindaco di Roma, si concede una battuta che mette insieme rimpasto di governo e corsa al Campidoglio: «Se la mitica verifica di maggioranza, dopo tutto il macello che hanno fatto, dovesse finire solo con due ministri cambiati, sarebbe davvero indegno. Non parlo solo di Renzi, perché dietro di lui a spingerlo c’è il Pd».
C’è chi ci scherza sopra e dice che dal bussolotto del rimpasto potrebbe uscire proprio il suo nome. Anche Calenda al ministero della Sviluppo economico arrivò in corsa ma per una storia diversa, le dimissioni di Federica Guidi: «Io nel governo? Ma che siete pazzi. Magari ci sarà la Raggi (ride)». E qui si arriva al nocciolo della questione, Virginia Raggi, la sfida per la poltrona di sindaco. E i rapporti ancor oscuri con il Pd, che oscillano tra l’alleanza e i fratelli coltelli.
Calenda si è subito congratulato con la sindaca dopo la sentenza d’appello che ha smontato l’accusa di falso sul caso Marra: «Complimenti a Virginia Raggi per l’assoluzione. Sempre una buona notizia», ha scritto su Twitter. «E ho molto apprezzato il suo commento», aggiunge lui. «Grazie Carlo», due parole, lo stretto necessario. Del resto dietro il fair play che il protocollo impone sui fondamentali, quando si sale sul ring della campagna elettorale e dei temi che la compongono lo scontro è radicale. «Mi sembra difficile che lei venga rieletta. Solo un romano su cinque è soddisfatto del suo operato. Se festeggi lo sfalcio di un parco come se fosse una nuova linea della metropolitana, te lo puoi pure aspettare. L’altro giorno sono andato a Villa Chigi, in mezzo c’era una discarica. E dai!». Ma Calenda sa bene che molto (tutto?) dipende da come finirà con il Pd, lo appoggerà oppure avrà un suo candidato?
«Io a febbraio presenterò il mio programma e la mia squadra. Fino ad allora cercherò di costruire una coalizione la più ampia possibile. Ma a un certo punto devo partire perché, se sarò sindaco, voglio avere subito le prime delibere pronte, sui rifiuti e sui trasporti». Fino a febbraio suona come un ultimatum, ma lui respinge questa lettura: «No, assolutamente. È solo una questione oggettiva di tempo. Io preferisco essere appoggiato da una coalizione ampia ma a patto che sia innovativa. Non mi candido per vincere e poi non governare».
Febbraio, quindi, come scadenza pratica non politica: «I primi colpi, anche impopolari, un sindaco li deve battere nei primi sei mesi del suo mandato. Dopo è tardi. Ma per fare questo non ti puoi ridurre all’ultimo minuto». Resta il fatto che il Pd, al momento, abbia sette candidati e un’ipotesi di primarie. «Ma siete sicuri che le faranno davvero?». Calenda non si nasconde, e due nomi li fa. Dice che tra i sette in corsa per il Pd stima molto Giovanni Caudo, assessore all’urbanistica quando era sindaco Ignazio Marino. E nel centrodestra? «Direi Guido Bertolaso, credo che sarebbe un buon candidato, pragmatico. Mi piacerebbe affrontarlo al ballottaggio».