Il tesoretto di Trump per il dopo Casa Bianca Pensa già al 2024?
Milioni raccolti denunciando le frodi, poca trasparenza
La nuova stagione di Donald Trump, lontano dalla Casa Bianca, comincia con una dote di circa 250 milioni di dollari. Soldi in contanti, versati da migliaia di piccoli e grandi donatori, dopo la sconfitta del 3 novembre. Subito dopo le elezioni il presidente ha lanciato una campagna capillare, chiedendo ai sostenitori di contribuire all’Election defense fund. Nelle mail inviate ai supporter si legge che questi fondi servono per «bloccare il furto delle elezioni». Non esistono rendiconti ufficiali: la raccolta di denaro non è collegata a una candidatura e quindi non c’è l’obbligo di denunciare entrate e uscite alla Federal election commission.
Tuttavia sul sito web dell’Election defense fund si legge che il 75% delle sottoscrizioni viene destinato al Save America leadership pac, un «comitato politico» che farebbe capo direttamente a Donald Trump. Il restante 25% finisce nelle casse del Comitato nazionale del partito repubblicano. Ma il flusso è opaco. In teoria Trump potrebbe aver già accantonato un tesoretto di 187 milioni (il 75% di 250). Secondo i calcoli del New York Times, invece, la somma sarebbe pari a circa 60 milioni di dollari.
Ma in ogni caso, tutti concordano su un dato: il presidente in carica avrà a disposizione un monte risorse da manovrare con la massima libertà. Potrà, innanzitutto, pagare lo stuolo di avvocati ingaggiati per presentare i ricorsi o chiedere i riconteggi negli Stati in bilico. Qui è più facile fare i conti. Le fatture sono elencate nel bilancio della «Donald J. Trump for President Inc», il cardine del comitato elettorale. Il totale ammonta a circa 15 milioni di dollari, con uscite variabili tra i 10 mila e i 131.841 dollari versati allo studio Marks & Sokolov per promuovere la verifica delle schede in Pennsylvania.
Un’altra quota del Defense fund potrebbe servire per saldare i debiti accumulati durante la corsa elettorale. Lo scoperto accertabile è pari a 11 milioni di dollari. Ma potrebbero essere di più, perché, nota ancora il New York
Times, gran parte delle uscite per gli spot televisivi e sul web è stata gestita dalla American made media consultants. Con un particolare interessante: nel consiglio di amministrazione della società siede Lara Trump, 38 anni, moglie di Eric, il terzogenito del presidente in carica. Lara potrebbe essere la prima componente del clan a candidarsi, puntando sul bacino elettorale del suocero e, forse, usando i soldi drenati dall’Election defense fund. Lara avrebbe messo gli occhi sul seggio in North Carolina del senatore repubblicano Richard Burr, che ha già annunciato di non volersi più presentare nel 2022. Lara Trump vive con Eric nel New Jersey, ma è nata a Wilmington in North Carolina.
Si vedrà. Per il momento il capofamiglia sembra ancora assorbito dalla guerriglia giudiziaria per ribaltare il risultato elettorale. Donald Trump, ora, vorrebbe affidare la guida del team legale a Sidney Powell, 65 anni, avvocata con base in Texas, nota alle cronache politico giudiziarie per aver difeso il generale Michael Flynn e per la sua teoria: il «denaro comunista» sta corrompendo la democrazia americana. Nelle ultime settimane Powell ha già affiancato Rudy Giuliani, legale personale di «The Donald», sostenendo tesi come questa: «gli algoritmi usati dal dittatore comunista del Venezuela Nicolas Maduro hanno interferito nel sistema, spostando voti da Trump a Biden».
In teoria Trump potrebbe già aver accantonato tra i 60 e i 187 milioni