Autostrade, l’ipotesi dei soci italiani al 51% I colloqui con F2i e le tensioni con i fondi
Sul riassetto societario di Autostrade sta prendendo piede una strada che porterebbe i soci italiani al 51% del veicolo che acquisterebbe l’88% della società detenuta dalla holding Atlantia. La volontà di lasciare la principale rete autostradale in mani italiane sarebbe stata manifestata da Palazzo Chigi e la recente nomina di Enrico Laghi al vertice di Edizione, la holding dei Benetton che controlla la stessa Atlantia, servirebbe a facilitare l’accordo tra le parti per trovare un prezzo congruo. Incorporando uno sconto manleva più generoso per sterilizzare così il rischio delle cause da danni indiretti per il crollo del ponte Morandi.
Ecco perché un paio di settimane fa è stato sondato il fondo infrastrutturale F2i, tra i cui quotisti ci sono diverse fondazioni bancarie, alcuni istituti di credito e anche la stessa Cassa Depositi. Al fondo guidato da Renato Ravanelli sarebbe stato chiesto di coprire l’11% mancante che consentirebbe a Cdp in tandem di avere il 51% della newco in modo da far scendere il peso dei fondi esteri, Blackstone e Macquarie dall’attuale 60% al 49%. I vertici di F2i però avrebbero manifestato tutte le loro perplessità perché la strategia del fondo prevede investimenti con partecipazioni di maggioranza. Così si fa strada l’ipotesi che Cassa Depositi possa coprire da sola il 51% se la valutazione di Autostrade scendesse alla parte più bassa della forchetta, cioè a 7,5 miliardi per il 100% del gestore. Una cifra che Atlantia boccerebbe però senza appello. Martedì è attesa una lettera di Cdp ad Atlantia per proseguire la due diligence almeno fino a fine gennaio.
Le parti trattano su uno sconto più generoso per gestire le richieste danni sul ponte