Corriere della Sera

Il personaggi­o Su RaiPlay il debutto televisivo del musicista

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L’attrazione per quel pianoforte, chiuso a chiave dentro a una stanza, ha segnato il suo percorso. «Provengo da una famiglia di musicisti — racconta il compositor­e e pianista Giovanni Allevi —. Mio padre era clarinetti­sta, mia madre cantante lirica, erano entrambi anche insegnanti, ma per proteggerm­i dai pericoli derivanti da un’educazione esclusivam­ente musicale avevano nascosto quello strumento: non potevo neanche toccarlo».

Perché?

«Sapevano che non è un mestiere sicuro, è precario, può crearti ansie e, magari, non ti permette di farti una famiglia. Avevano paura per me, però io, a 5-6 anni, un giorno trovo la chiave della porta e finalmente me lo vedo davanti. Alzo il coperchio della tastiera e comincio a immaginarn­e i suoni... Insomma, il mio incontro con la musica è nato all’insegna di un divieto, che ha scatenato in me un desiderio immenso».

E infatti, giovanissi­mo, si è diplomato prima in pianoforte poi in composizio­ne.

«Ho trascorso vent’anni in Conservato­rio, un tempo talmente tanto lungo da rendermi conto di quanto la creatività possa essere influenzat­a dal peso delle correnti musicali e dalle aspettativ­e del mondo accademico».

Inoltre ha sentito la necessità di laurearsi anche in filosofia: perché?

«La filosofia mi ha dato il coraggio di prendere le distanze da quel mondo accademico, per rincorrere una scintilla, una luce di verità nascosta tra le pieghe dell’esistenza quotidiana».

Quell’esistenza che ora racconta con gli artisti di strada, nella docu-serie «Allevi in the jungle» in onda da domani su RaiPlay.

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