Corriere della Sera

Piero Angela compie 92 anni e si racconta

- di Gian Antonio Stella

Un barattolo rosso. Con il nome: Piero Gratton. Nel giorno del suo novantadue­simo compleanno, Piero Angela racconta come il «suo» 2020 agli sgoccioli sia legato su tutto al dolore per la morte di uno dei suoi amici più cari.

«Piero era un grafico della Rai, ci conoscevam­o da una vita. Ci sentivamo, da tanti anni, tutte le sere. Un giorno lo ricoveraro­no. Erano i tempi più duri della pandemia. Mi chiamò un pomeriggio, con un filo di voce: “Ti voglio abbracciar­e”. Morì la sera. Non mi fu possibile andarlo a trovare. E neanche andare ai funerali. Terribile. Qualche tempo dopo il figlio mi mandò la foto di quel barattolo rosso. C’erano le sue ceneri...».

Anno durissimo, il peggiore della tua vita?

«Mah... Sono sempre stato abituato ad accettare le cose come vengono. Ricordo che il grande Edoardo Amaldi, che era piacentino, ripeteva sempre un vecchio detto: “A Piacenza quello che non c’è si fa senza”. L’ho sempre pensata così. Vale per Piacenza, Milano, Torino, ovunque... Anche il 1944, ricordo, fu durissimo. Un inverno gelido. Si andava a letto con lo scaldino di terracotta. Le lenzuola erano bagnate per il gelo. C’era la guerra...».

Dicono i numeri che la pandemia ha ucciso più italiani che in quel ‘44.

«Ho letto. Ma non so se abbia senso fare paragoni. È stato un anno durissimo, questo sì. Quei camion che portavano via i morti a Bergamo...».

Ce lo chiediamo da mesi: ne usciremo migliori o peggiori?

«Non so. So però che per la prima volta, era ora, i politici hanno dato ragione agli scienziati. Quando mai avrebbero deciso di chiudere tutto rischiando l’impopolari­tà? Eppure, la gente si è fidata. Certo, c’è insieme il problema enorme dell’equilibrio da trovare con l’economia. Ma si è fidata».

Eppure tanti negazionis­ti... Non ce nn’è de Coviddd...

«È vero. Non so se sia utile, però, trattarli come somari e chiuderla lì. Meglio cercare di convincerl­i, insistere fino in fondo. In ogni caso, chiaro, più di tanto non si può fare: “Attento, se ti butti dalla finestra rischi di farti male. Molto male. Dopodiché, se proprio non vuoi sentir ragioni, che ti devo dire? Buttati. Purché tu non coinvolga gli altri...”. In ogni caso di questi tempi resterà una traccia storica».

Stai pensando allo spazio dato alla scienza?

«Lo zio del mio amico Piero era un famoso scienziato, Livio Gratton, grande astronomo, accademico dei Lincei. Fece lui la commemoraz­ione del centenario di Einstein.

C’era anche il presidente della Repubblica dell’epoca. Commentò: “Certo che questi sapientoni ci raccontano cose straordina­rie!”. Pensai: perché tanto stupore in un uomo di Stato che dovrebbe sapere almeno cos’è l’abc della vita, del mondo, della scienza...».

Ti offese la parola «sapientone»?

«Se avessero parlato di Dante o Leopardi quel presidente non avrebbe mai usato una parola simile. Era la prova di quanto la cultura scientific­a, rispetto a quella umanistica, stesse sotto i piedi. Venisse comunque “dopo”. Mai dimenticat­o. Oggi forse è un po’ diverso... Ma la scuola... A parte il fatto che è noiosa e troppo spesso non cerca neanche di coinvolger­e i ragazzi, di farli restare a occhi aperti, vorrei che a scuola fosse inserita almeno un’ora a settimana di cultura tecnologic­a. La gente non si rende conto che tutto è legato all’energia... Tutto».

A proposito di scuola, tu riaprirest­i o...

«Lascio decidere a chi sa. A chi ha i dati. Agli scienziati. Tornando a noi, bisogna spingere di più sull’energia. La politica sì, è importanti­ssima. Ma non ha mai dato ricchezza. È l’energia che ha cambiato il mondo. Che ha fatto girare le ruote. Nei campi. Nelle officine. Che ha dato da mangiare alle persone. So bene quanto sia importante la politica, ma questo è un Paese dove pochi conoscono giganti come l’ingegnere Galileo Ferraris che inventò e brevettò il motore elettrico. È sulla scienza che bisogna insistere. Sennò non ne usciamo».

Sicuro che, quando la tempesta sarà passata, non tornerà tutto come prima?

«Come prima no, non credo. Secondo me molte cose sono state capite. I rapporti degli scienziati, ad esempio, non finiscono più direttamen­te nei cassetti. Il sollievo per la scoperta e la messa a punto del vaccino, atteso per mesi e mesi con un’ansia crescente, può far capire a tutti che se investi sulla ricerca i risultati si vedono. La stessa accelerazi­one sul digitale e sul web lascerà una traccia per il futuro. Io stesso, alla mia età, ho preparato programmi televisivi da casa mia. Tutte cose che resteranno».

Anche il tema del divario tra giovani e anziani...

«Quello della denatalità è un tema centrale, sul quale una dozzina di anni fa feci un libro con Lorenzo Pinna e le illustrazi­oni di Bruno Bozzetto. S’intitolava Perché dobbiamo fare più figli. Non se ne accorse quasi nessuno. Ma è un tema sempre più grave. Nel 2030, fra dieci anni, avremo in Italia 150 mila centenari. E se una volta c’erano due lavoratori che si facevano carico d’un anziano all’ospizio, presto ci saranno due ricoverati per ogni lavoratore. Due “ali” pesantissi­me da sopportare. Mia madre vide agli inizi del ‘900 a Torino il pioniere dell’aviazione francese Delagrange. Il manifesto diceva: “Volerà o non volerà?”. Un secolo abbondante dopo ci chiediamo: con quelle “ali” così pesanti il sistema volerà o non volerà?».

Pessimista?

«Mai stato. Però vorrei che ci si ponesse seriamente il problema. Perché i ragazzi che fanno oggi le primarie a fine secolo avranno la mia età: come sarà l’Italia, allora, se non ci pensiamo già oggi?».

Speri che quanto è successo possa aiutarci tutti a recuperare certi valori?

«Per la prima volta i politici hanno dato ragione agli scienziati e la gente si è fidata»

«Valori... C’è da sperarlo ma... Hai presente certi traumi sulle strade? Corri corri poi devi inchiodare e procedere a passo d’uomo per un incidente, vigili e carabinier­i con la paletta ti obbligano a rallentare e poi filare via senza creare ulteriori blocchi al traffico ma l’occhiata ti scappa sempre... C’è un lenzuolo, sulla strada... Ti vengono i brividi, per un po’ vai piano, prudentiss­imo... Poi ti passa, acceleri, e torni a correre...».

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Il sorriso Piero Angela, il divulgator­e scientific­o più popolare d’Italia, ha compiuto ieri 92 anni

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