Il capo del governo: c’è stato un deficit di coinvolgimento Ora confronto con tutti
Il premier lancia due tavoli, uno più politico a Palazzo Chigi e l’altro, su progetti, al ministero dell’Economia
Ad un certo punto del confronto con Italia viva e con la delegazione di Leu il capo del governo ha pronunciato una sorta di mea culpa: «Riconosco che sul Recovery Plan e sulla struttura di governance l’approfondimento politico è stato messo in ombra dal lavoro dei tecnici, c’è stato un deficit di coinvolgimento e io stesso sono stato frainteso, ma non ho mai voluto esautorare nessuno, tantomeno i ministeri, nei prossimi giorni troveremo la formula migliore, un punto di equilibrio fra le esigenze di collegialità e la necessità di efficienza dei progetti».
Nel giorno della presunta schiarita, a Palazzo Chigi sembrano tirare un sospiro di sollievo. Non è detto che duri, che il confronto vada nel solco e con i tempi, molto stretti, che ha immaginato Giuseppe Conte, ma al momento è l’unica strada da percorrere, che a parole hanno tutti accettato. Da lunedì prossimo, subito dopo Natale, partiranno due tavoli: uno al ministero dell’Economia guidato da Roberto Gualtieri sui saldi e sui progetti del Recovery Plan italiano, un altro probabilmente più politico a Palazzo Chigi sulla governance del piano stesso, ovvero sulla struttura di comando e monitoraggio che per sei anni dovrà supervisionare i 209 miliardi che arriveranno dall’Unione europea.
È anche una corsa contro il tempo, quella che ha chiesto il capo del governo, e almeno tutti si sono detti disposti a lavorare senza sosta fra Natale e Capodanno e nei primi giorni del prossimo anno: l’obiettivo è mandare in Parlamento, con una o due leggi ad hoc, sia il testo completo del Recovery Plan, che fra Camera e Senato sarà aperto al confronto con forze politiche, enti locali, attori sociali, sia la nuova linea di comando e monitoraggio del piano stesso, che «servirà per semplificare, monitorare, coordinare l’attuazione di centinaia di progetti, ma che di sicuro non si sostituirà ai ministeri», è stata l’altra assicurazione del presidente del Consiglio.
Tanto è bastato al partito di Matteo Renzi per abbassare i toni e rivendicare un primo risultato ottenuto: non si discute più di manager o centinaia di tecnici, come in un primo tempo immaginato a Palazzo Chigi, ma comunque verrà creata una sorta di struttura di missione che avrà certamente una guida politica e poteri comunque molto estesi.
Il punto di caduta sarà deciso a partire dalla prossima settimana, l’obiettivo di Conte, scandito dai tempi richiesti dal Bruxelles, è chiudere entrambi capitoli (Recovery e governance), dal punto di vista tecnico e politico, nei primi giorni di gennaio, per poi inviare tutto in Parlamento subito dopo l’Epifania e avere i testi approvati e da spedire alla Commissione Ue entro la metà di febbraio.
Una tabella di marcia che rappresenta anche una risposta a chi ha accusato il capo del governo di decidere tutto da solo: «Appena ieri il governo tedesco ha approvato il suo progetto di Recovery Plan, ma non lo ha mandato in Parlamento: arriverà a Bruxelles senza nessun ulteriore passaggio», rimarcano nello staff del presidente del Consiglio. Insomma l’accusa dell’uomo solo al comando, che pur ammette di aver fatto degli errori in buona fede, viene smontata dal percorso che a parole sta bene a tutte le componenti di maggioranza.
Sin qui il percorso immaginato da Conte, che non fuga gli interrogativi che ancora esistono sulle sorti del governo. Su tutto il resto, su quello che ha chiesto Renzi, sulla delega sui servizi segreti da cedere nelle mani di qualcun altro, sulla possibilità di un rimpasto, non ci sono risposte definitive. I ministri che lavorano a più stretto contatto con il premier scommettono che quella di Renzi «è tutta fuffa: non succederà nulla, si risolverà ogni nodo con il confronto politico». Eppure lo stesso Renzi continua mandare segnali poco rassicuranti, «tenetevi liberi la prima settimana di gennaio», dice ai suoi interlocutori in privato. Intanto c’è da chiudere la sessione di Bilancio per evitare l’esercizio provvisorio, su tutto il resto non resta che attendere. Le dichiarazioni, un giorno rassicuranti un altro meno, di Italia viva, valgono in modo relativo.
In Parlamento
L’obiettivo è inviare in Aula sia la nuova linea di comando, sia il testo del Recovery Plan