L’italiano che ha disegnato l’anti-Covid di Moderna «Così ho visto che funziona»
Andrea Carfì: ha un’alta efficacia sulle persone anziane
Il momento più bello della vita?
«Quando ho visto i dati di fase uno sul vaccino. Dimostravano senza ombra di dubbio che era capace di stimolare difese sostanziali contro il coronavirus. Eravamo in teleconferenza. Subito dopo la lettura c’è stato un lungo momento di silenzio come se nessuno di noi avesse il coraggio di parlare. Sono stato io a rompere il ghiaccio. Dati eccezionali, ho esclamato. A quel punto sono scoppiati gli applausi».
Altre gioie?
«La vita di un ricercatore è fatta di tante piccole scoperte di biologia di base che spesso non fanno molto clamore ma sono comunque importanti e ci danno gioia. Passiamo alla vita privata. E allora le dico la nascita delle mie figlie, il tempo che passo con loro e tutte le volte che torno a casa».
Andrea Carfì, cresciuto a Vittoria, provincia di Ragusa («i luoghi di Montalbano, sa»), ha 51 anni e metà li ha passati all’estero, per accumulare una trafila di esperienze che lo hanno portato a capo del centro di ricerca sulle malattie infettive di Moderna, la seconda azienda al mondo ad aver trovato, prodotto e messo in commercio un vaccino anti-Covid. È stato il suo team a disegnarlo, assieme all’Nih (National health institute). In Usa la campagna di profilassi è stata avviata in questi giorni.
Come è cominciata la sua storia di scienziato?
«Fin dal liceo la chimica è la materia che più mi appassionava. All’università di Pavia, dove mi sono laureato, ho trovato un professore che ha acceso la mia curiosità di scoprire l’ignoto».
Intraprendente?
«La curiosità mi ha spinto fuori dall’Italia. Inghilterra, Spagna, Francia, Usa, sette anni all’Irbm di Pomezia e infine di nuovo Boston dove mi sono fermato 10 anni fa. Quando sono entrato in Moderna, era una piccola azienda. Qui mi trovo bene. Se sopporti il freddo e il cibo americano, è un buon posto dove far nascere e crescere i figli. Mia moglie è campana, biologa».
Che cosa significa disegnare un vaccino?
«Significa pensare qual è la sequenza genica da colpire, ipotizzare quale proteina si vuole generare e come migliorarla per ottenere la produzione di anticorpi. A Moderna avevamo già lavorato sui coronavirus, studiando quello della Mers, che appartiene alla stessa famiglia del Sars-CoV-2 e gli somiglia molto. Con l’Nih ci siamo sempre dedicati a vaccini contro le pandemie».
Poi è arrivato questo virus...
«A gennaio, quando si è avuta notizia dei casi di polmonite virale in Cina, ci siamo subito attivati, utilizzando l’esperienza nel disegnare vaccini contro i coronavirus. Da quando abbiamo conosciuto la sequenza del SarsCoV-2 a quando abbiamo avviato il primo studio clinico sono passati solo 63 giorni».
Preoccupato dalla minaccia della mutazione sequenziata in Gran Bretagna?
«No, siamo fiduciosi. Ci aspettiamo che le risposte procurate dal nostro vaccino siano ugualmente protettive. Pensiamo che gli anticorpi possano bloccare anche la variante. Non è la prima mutazione né sarà l’ultima. Questo virus cambierà continuamente, ma non rapidamente come succede ai virus influenzali, diversi ogni anno».
Dopo il via libera dell’Ema, il 6 gennaio, l’Italia riceverà quasi 11 milioni di dosi. Quali sono le caratteristiche del vostro vaccino?
«Può essere conservato a meno 20 gradi per 6 mesi e tra 2 e 8 gradi, quindi la temperatura del frigo di casa, per 30 giorni. Una volta fuori dalla refrigerazione resta valido per 12 ore. Ci sono dunque grandi vantaggi nell’uso. Inoltre non va diluito, è già pronto in flaconi da 10 dosi ciascuno».
È efficace sugli anziani?
«Ha un’alta efficacia sugli anziani e previene le forme più gravi di malattia. Se impedisce anche di contagiare altri? Già dopo la prima iniezione, al momento della seconda, i due terzi in meno delle persone risultavano contagiate il che suggerisce che il vaccino possa prevenire infezioni asintomatiche. Spero avremo all’inizio del 2021 nuovi dati».