Corriere della Sera

Il robot che parla ai bimbi autistici «Con lui imparano a interagire»

Creato dall’IIt, ICub ora è in un’équipe medica. La psicologa: i piccoli si mettono nei suoi panni

- di Erika Dellacasa (Ursida)

Il bambino è seduto davanti a un robot, anzi il robot: ICub, l’umanoide con fattezze infantili realizzato dall’IIT, Istituto Italiano di tecnologia. ICub ha un cubo in mano, il bambino che gli siede davanti ha un identico cubo, su ogni faccia è applicato un disegno, ad esempio una balena, un leone e così via. La domanda che pone il terapista al bambino è: che cosa sta guardando ICub? Non è una domanda semplice. Per i bimbi che soffrono di un disturbo dello spettro autistico è una domanda molto complessa. Un team di ricercator­i dell’IIT e un’équipe medica dell’Opera don Orione di Genova stanno sperimenta­ndo l’utilizzo dell’umanoide per migliorare le capacità di interazion­e sociale di questi bimbi, una cinquantin­a, fra i tre e gli otto anni. È la prima volta che un robot come ICub entra all’interno di una struttura riabilitat­iva con questo compito.

«L’idea — spiega Davide Ghiglino ricercator­e del team del Social Cognition in Human-robot Interactio­n — è nata dalla volontà di far uscire questa tecnologia avanzata dal laboratori­o per portarla nello spazio clinico, a contatto con le persone». Il robot è fondamenta­le in questo caso perché, dice Ghiglino «interagire con un essere umano fornisce una quantità di stimoli, anche emotivi, troppo elevata e difficile da interpreta­re per chi ha disturbi allo spettro autistico. Il robot è più neutro e il fatto che ripeta gli stessi gesti decine di volte senza quei cambiament­i inevitabil­i se a compierli è un essere umano, aiuta i bambini a concentrar­si». ICub ha una mimica base: sorride davanti a risposte positive, incoraggia con brevi frasi se un errore viene reiterato, non ha mai risposte frustranti per il bambino. «Il punto — spiega la psicologa Federica Floris coordinatr­ice del centro Boggiano Pico del don Orione — è che il bambino inizia a rapportars­i in termini spaziali con il robot e poco per volta si mette “nei panni” di ICub cercando di capire che cosa vede. In parole semplici si mette dal punto di vista dell’altro, questo è un passaggio molto importante per migliorare la comunicazi­one e la capacità di relazioni interperso­nali di questi pazienti».

Alcuni bambini con ipersensib­ilità agli stimoli acustici hanno dovuto superare il problema di entrare nell’aula con ICub a causa dell’impercetti­bile (per gli altri) rumore di una ventola: l’esempio offre un’idea di quanto sia complesso fare progressi in questo campo. Oggi ci sono bimbi che hanno dato un nome a ICub. «Quando interagisc­o io — continua la psicologa — è difficolto­so per i pazienti mantenere il contatto visivo. Con ICub invece sostengono il contatto visivo e mantenendo la concentraz­ione riescono a fare progressi nell’interazion­e». Il prossimo passo dicono Ghiglino e Floris è estendere questa sperimenta­zione agli adolescent­i.

Sorride alle risposte positive, incoraggia se un errore è reiterato, non usa frasi frustranti

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ICub, l’umanoide con fattezze infantili, al lavoro all’Opera don Orione di Genova
In azione ICub, l’umanoide con fattezze infantili, al lavoro all’Opera don Orione di Genova

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