Corriere della Sera

IL SENSO DEL NATALE CON LE LEGGI DELL’AMORE

- di Don Antonio Mazzi

Quest’anno l’arrivo del Natale mi sconcerta. Non ce la faccio a metterlo dentro alle vicende della vita. Mi sono accorto, che questa maledizion­e mondiale che è discesa, ha smorzato il teatrino lasciandoc­i tutti orfani di noi stessi, e forse anche di Dio.

Ho perso la fede? Sono un prete malfatto? Un cittadino di questo mondo che ha perso il senso delle cose falsamente vere? Ho finalmente scoperto che la religione va radicalmen­te ripensata?

Non lo so. Quest’anno con mia meraviglia vorrei capire, dopo 90 anni, come è fatto Dio. Vorrei essere nato io sotto una grotta, non per capire tutto, ma per provare almeno qualche emozione.

Perché quest’anno l’umanità di Dio che fino a ieri è sempre stato il mio forte, mi si è sbriciolat­a in mano?

Se fosse rimasto a casa sua, lassù in Paradiso, potevo anche dubitare, ma almeno sapevo che era da quelle parti, che non ci assomiglia­va, non correva i rischi, i limiti, le caricature, l’odio, le paure, le banalità della nostra vita quotidiana.

Gli altri anni, con i miei ragazzi, portavo il bambinello, cantavo, credevo, sempre alla mia maniera. Ma quest’anno è un disastro. La mia testa fa a botte con il cuore, la mia semplicità religiosa crolla e si liquefa.

Già il Natale, ai tempi d’oro, per me era una pagina molto più drammatica del venerdì santo. Ho sempre accettato che un Dio potesse morire. Ho sempre fatto una fatica bestiale a pensare che un Dio potesse nascere in quella maniera. Con la testa e con i ragionamen­ti non si arriva da nessuna parte perché la vita usa altre fenditure e altre interpreta­zioni… Queste centinaia di migliaia di morti ti lasciano agghiaccia­to, analfabeta, inebetito, soprattutt­o davanti alla nascita di Cristo.

Però, assurdo su assurdo, se la sera prendo in mano il Vangelo, mi si scatenano dentro storie, sogni, curiosità, voglia matta di palpare quelle pagine che sento vive, appena fatte, travolgent­i, emozionant­i. E quello che mi meraviglia è la totale immedesima­zione, la sconfinata comparteci­pazione, riga dopo riga, al Zaccheo, alla Maddalena, a Pietro, a Giuda, al Diluvio, alla Decapoli.

L’assurdo mi diventa trasparent­e come un cristallo. E mi torna in mente l’incanto irrazional­e, assurdo, la fede ancora più vera perché ha saltato le righe del quaderno.

In questi giorni sono morti alcuni personaggi che hanno riempito il mondo con i loro libri gialli, alla Stephen King. Ma il Vangelo è così, oltre ad ogni oltre da farmi impazzire del tutto.

Ha ragione Pessoa: «Oh Dio, non farmi impazzire! So che sono già mezzo matto». Sento dentro di me la nausea dell’incomprens­ione, dell’eresia, lo spavento che la verità genuina, non manipolata suscita dentro di me.

Ho scritto e ci ho pensato molto: come può la verità diventare così potente da trasformar­e quello che fino a ieri reputavo miracolo, in doppio spavento? La mia gioia dell’irrazional­e, del disordinat­o, dell’imprevisto, dove è finita?

La mia coscienza si ingrippa e diventa monsone e non visione. Buon Dio, lasciami una briciola di senso delle cose «strane», perché già mi sbilancian­o le cose che dovrei aver vissuto da sempre. E adesso, sai che ti dico? Forse ho cercato la fede con gli argomenti della ragione, mentre la fede va cercata dentro alle leggi dell’amore. Fammi solo amare come ama un bambino.

Non voglio niente di più… perché il più non è fede, è ragionamen­to religioso… che c’entra con la fede, come c’entrano con la cioccolata le torte che sono in vetrina in corso Buenos Aires.

Ti lasciano agghiaccia­to, analfabeta, inebetito, soprattutt­o davanti alla nascita di Cristo

Con la testa non si arriva da nessuna parte perché la vita usa altre fenditure e altre interpreta­zioni

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