Statali, arrivano le pagelle per chi lavora da casa
La proposta della ministra Dadone. Ipotesi di rientro in sede se non si raggiungono gli obiettivi
«Pagelle» periodiche per chi lavora in smart working e dirigenti che potrebbero disporre il rientro in ufficio per i dipendenti che non raggiungono gli obiettivi (senza penalizzazione economica). Da gennaio cambia l’organizzazione del lavoro remoto nel mondo della Pubblica amministrazione.
Dopo lo stress test della prima ondata di Covid — accompagnato dalle polemiche sullo scarso rendimento — è in arrivo il nuovo Pola (Piano organizzativo del lavoro agile) messo a punto dalla ministra della Pa, Fabiana Dadone. «Lo smart working non è un’arma a favore o contro il lavoratore, è un modo di organizzare il lavoro per rendere l’amministrazione più efficiente — spiega la ministra a Repubblica.it —. Il lavoro agile valorizza i risultati: chi si gira i pollici, va accompagnato fuori». Secondo le stime della Funzione pubblica, lo smart working potrebbe continuare a coinvolgere circa il 60% dei dipendenti statali anche in futuro, in base alle mansioni svolte, ma anche alla produttività dei singoli. Tutto il nuovo meccanismo, infatti, si basa su valutazioni più serrate. Finora le performance dei lavoratori venivano monitorate anno per anno con obiettivi generici quasi sempre raggiunti. Ora invece, come risulta al Corriere,i dirigenti assegneranno ai singoli in smart working traguardi più stringenti (per esempio, il numero di pratiche da completare) con report settimanali e mensili. E se gli obiettivi non saranno raggiunti, i dirigenti potrebbero decidere il rientro in sede del dipendente.
I primi Pola dovrebbero essere pronti per il prossimo 31 gennaio e il ministero starebbe pensando a incentivi ai dirigenti per la compilazione nei tempi prescritti. «Stiamo investendo in formazione, digitalizzazione e nuove competenze — afferma Dadone —: i sindacati possono cogliere questo momento storico come una svolta oppure alimentare il luogo comune del dipendente fannullone».
«Altro che innovazione, qui siamo alla restaurazione — attacca però la Cgil Funzione pubblica —. Brandire lo smart working come premio o punizione, nasconde dietro l’idea che non c’è alcun investimento nel cambiamento e nella digitalizzazione».