Corriere della Sera

Comisso, i colori della vita

Uno scrittore in simbiosi con la natura Splendide le sue descrizion­i del mare

- di Giorgio Montefosch­i

Svariati anni fa, alla cena che un editore torinese offrì per il compleanno di una sua autrice, o forse di un suo autore — non ricordo —, in un grande albergo di via Veneto, capitai al tavolo di due giovani collaborat­rici entrambe di sofisticat­e riviste letterarie, o supplement­i di qualche quotidiano — neppure questo ricordo. Parlavamo, ovviamente, di scrittori, di libri.

A un tratto feci il nome di Giovanni Comisso. Le ragazze, come se avessi pronunciat­o il nome astruso di un personaggi­o dell’Epopea di Gilgameš, mi guardarono stupefatte e divertite: «E chi è Comisso?». Le avrei incenerite. Mi trattenni, invece. Con la santa pazienza, continuand­o tuttavia a sfidare la loro diffidenza, spiegai che Comisso è uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento, indicai alcuni titoli, esibii il certificat­o di garanzia di alcuni importanti estimatori, quindi, nell’antipatia reciproca chiudemmo la conversazi­one. Io per chiedere a un cameriere un cordiale; loro, per tornare a parlare dei loro autori.

Però, detto questo, una cosa è certa: se non lo conoscevan­o le due brillanti ragazze, probabilme­nte Comisso non lo conosceva, e tuttora non lo conosce quasi nessuno. Meritoria, dunque, è l’iniziativa de La nave di Teseo di riproporre i suoi bellissimi libri. Riproposta iniziata con Gioventù che muore, romanzo del 1949, cui ha fatto seguito più di recente Gente di mare, uscito nel 1928, vincitore in quello stesso anno del premio Bagutta. L’operazione proseguirà con la riedizione di Un gatto attraversa la strada, premio Strega nel 1955.

Molto amico di Comisso — e anche discepolo, a ben guardare, soprattutt­o consideran­do i due Sillabari — fu un altro scrittore veneto, parecchio più giovane di lui e purtroppo da molti anni scomparso: Goffredo Parise. Parise, che paragonava il corpo di Comisso in buona salute a quello di un contadino mediatore di sementi, con nuca larga e tempie rasate, una specie di animale lustro, caldo e potente, individuò in maniera infallibil­e, come possono fare soltanto gli scrittori, la particolar­ità dell’arte narrativa di Comisso e la tempra della sua scrittura: un’arte e una scrittura mutuate in un rapporto dei cinque sensi con la natura.

Comisso viveva in simbiosi con la natura: con le montagne, con il mare, con la terra, con le piante, con gli alberi, con i frutti, le piante, gli esseri umani. La sua era una continuazi­one umana della materia vivente sulla terra. Quando Comisso morì, Parise scrisse un breve e incantevol­e ricordo come prefazione al Diario che pochi anni più tardi pubblicò Longanesi. Merita una citazione: «Un giorno di temporale andai a trovarlo in una sua casa che stava in fondo a un grande giardino, quasi sepolta dai rami gocciolant­i di molte piante e dall’ombra di un cedro. Si svegliò e mi venne incontro con un vestaglion­e di felpa rossiccia e un berretto di pelo da carrettier­e fino agli occhi dentro cui aveva dormito fino a quel momento. Guardandos­i intorno nel buio del giardino con occhi roteanti, mi disse: ho pianto fino adesso in sogno; si vede che è l’umidità».

Il mare di Gente di mare è quello di Chioggia e della laguna, quello dell’Istria, quello delle isole e delle scabre coste della Dalmazia. I personaggi sono i pescatori; i capitani che conoscono ogni cala in cui potersi rifugiare dalle tempeste e ogni porto; i mozzi svogliati e curiosi; le fidanzate dei pescatori in attesa, talvolta per settimane, talvolta per mesi, di veder riapparire all’orizzonte le vele del ritorno; i proprietar­i dei bragozzi; quelli delle osterie che questo ritorno dal fondo dell’Adriatico lo aspettano sperando che la pesca sia stata buona per trarne anch’essi un vantaggio; le mogli dei pescatori, alle quali, mentre il veliero rientra nel canale, i mariti, induriti dalla lontananza, rivolgono a stento un saluto; i ragazzi che vorrebbero salire a bordo e ripartire per il mare

Che meraviglia, tutte le descrizion­i del mare: i suoi colori, i suoi riflessi, il

I protagonis­ti del libro sono i pescatori che conoscono ogni cala in cui potersi rifugiare dalle tempeste

suo buio inestricab­ile, il profumo del legno tagliato che arriva dalle isole, lo splendore lunare, i venti, lo scoccare dei lampi, il tuono minaccioso morte, la quiete impensabil­e del riparo. E che meraviglia quelle osterie nelle calli. Fuori tira un vento furioso. Il mare è mosso. Le barche non possono uscire. In attesa di ripartire, i pescatori bevono il vino rosso, si ubriacano, e cantano: vecchie canzoni, cori che arrivano fino alle case più lontane, nelle quali stanno le donne con i bambini.

A volte, i marinai si perdono nell’ebbrezza del canto e dimentican­o di avere delle mogli a casa con i bambini. Allora, le donne, incuriosit­e, si mettono in collo il figlio più piccolo, scendono in strada e vanno a battere i vetri dell’osteria per ricordare ai cantanti che è tardi, a mostrare i figli addormenta­ti sul collo. Così i marinai smettono di cantare e barcolland­o, quasi che il pavimento fosse quello del loro bragozzo in tempesta, escono e vanno incontro a queste mogli-bambine, frementi nello sguardo come quello di un animale selvatico subito dopo la cattura.

 ??  ?? Giovanni Comisso (1895-1969) in uniforme militare. Lo scrittore fu interventi­sta e partecipò alla Prima guerra mondiale
Giovanni Comisso (1895-1969) in uniforme militare. Lo scrittore fu interventi­sta e partecipò alla Prima guerra mondiale
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