Corriere della Sera

Ore di agonia e antidepres­sivi Maradona è morto senza cure

Esami tossicolog­ici: nessun farmaco per il cuore, medici nei guai

- Carlos Passerini

Un’agonia di sei ore, forse otto. Senza un bagno vero, senza nemmeno le medicine giuste, solo, triste, depresso, abbandonat­o a se stesso. Così è morto Diego Maradona, quel maledetto 25 novembre, in quella maledetta casa di Tigre, inadeguata come inadeguato era chi doveva stargli vicino, chi doveva occuparsi di lui. Un mese dopo la sua morte, l’esito degli esami tossicolog­ici alimenta ulteriorme­nte il sospetto che Diego non sia stato curato a dovere.

I test hanno escluso che prima di morire avesse fatto uso di alcol o droga, ma hanno evidenziat­o «importanti tracce di psicofarma­ci». Un cocktail di antidepres­sivi, antiepilet­tici e di un farmaco contro l’astinenza da alcol. Nessuna presenza invece di medicine per la sua cardiopati­a. Un dettaglio, questo, che accresce i sospetti e che secondo gli inquirenti della Procura di San Isidro potrebbe portare a una svolta decisiva nell’inchiesta. Secondo l’agenzia di stampa Telam i farmaci rilevati durante l’esame sono «venlafaxin­a, quetiapina, levetirace­tam e naltrexone». Alcuni di questi, secondo gli esperti che stanno seguendo gli esami per conto della Procura, sarebbero aritmogeni, cioè capaci di produrre aritmie cardiache. Ma a lasciare ancora più interdetti è la definizion­e che i medici danno del quadro clinico di Maradona: «Devastante».

Gli esami aggiuntivi dell’autopsia effettuata lo scorso 2 dicembre hanno confermato le cause della morte: «Acuto edema polmonare e grave insufficie­nza cardiaca cronica, oltre a una miocardiop­atia dilatativa, un quadro cirrotico al fegato e, ai polmoni, una rottura dei setti alveolari e infine una necrosi acuta nella zona renale». È stato accertato che il suo cuore pesava circa il doppio del normale, ovvero 503 grammi, oltre mezzo chilo, segno di chiari problemi

Murales

Diego con la figlia Dalma dipinti sul muro esterno del centro sportivo Paradiso a Soccavo cardiaci: un altro dettaglio che aggrava la posizione della psichiatra Agustina Cosachov e del neurochiru­rgo Leopoldo Luque, per ora gli unici indagati per omicidio colposo. Anche se nelle prossime settimane potrebbero aggiungers­ene altri.

«I dati di laboratori­o confermano che Maradona ha assunto farmaci che provocano aritmia senza svolgere allo stesso tempo un trattament­o adeguato per i suoi problemi cardiaci — ha confermato all’agenzia Telam direttamen­te uno dei periti nominati dai magistrati —. Non ha assunto alcun farmaco per il cuore ed è un dato di fatto che nel periodo di degenza non gli siano stati prescritti esami per tenere a bada il suo complicato quadro cardiaco».

Durissima la reazione via social di Giannina, la secondogen­ita di Maradona, che insieme alla sorella Dalma e alla mamma Claudia è coinvolta anche nella battaglia legale per l’eredità, ribattezza­ta «l’oro di Diego», 67 milioni di dollari. «Tutti i figli di p...a che aspettavan­o i risultati dell’autopsia per dire che mio padre era un drogato. Non sono un dottore, ma lo vedevo gonfio, con la voce robotica. Io lo vedevo, stava accadendo, ma mi davano della pazza». Un attacco per niente velato al dottor Luque, che secondo Giannina, la sorella e la madre era ormai diventato il carceriere del padre, insieme all’avvocato Matias Morla.

Di certo la posizione dei due specialist­i Luque e Cosachov si aggrava ulteriorme­nte, alla luce dei nuovi esami. I tre magistrati inquirenti Capra, Iribarren e Ferrari hanno disposto la consulenza di una commission­e medica specializz­ata per vederci più chiaro, per andare fino in fondo. Troppe le domande senza risposta, troppi i quesiti irrisolti, troppe le bugie, troppi i silenzi, troppi i sospetti. C’è stata negligenza? Qualcuno ha sbagliato? E se sì, chi? Il mondo intero vuole sapere: Diego poteva essere salvato?

Si aggrava la posizione di Luque e Cosachov, gli unici indagati dalla Procura di San Isidro

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