RIPENSARE LA LEGGE SUL VOTO
Siamo ancora in tempo. M5S e Pd hanno a disposizione qualche settimana per tornare sulla decisione presa nel settembre 2019 di sostituire l’attuale sistema elettorale con uno proporzionale «puro» (accompagnato da uno sbarramento al 5%). All’epoca i due partiti che si accingevano a mettere al mondo il Conte II erano terrorizzati dall’ipotesi che la situazione potesse sfuggir loro di mano e in eventuali elezioni anticipate la destra potesse stravincere. Relegandoli di conseguenza all’opposizione nella prossima legislatura (e forse non solo in quella). Ancor più la loro ansia è cresciuta dopo il taglio dei parlamentari. Così, contraddicendo impegni dalla forte connotazione identitaria presi negli anni precedenti, incoraggiati oltretutto da alcune sentenze della Corte costituzionale, optarono in un battibaleno per un nuovo sistema di calcolo delle schede. Un sistema che avrebbe dovuto impedire la vittoria di chi (partito o coalizione) non abbia ottenuto più del 50% dei voti. E che, di conseguenza, avrebbe lasciato intatta per i partiti la facoltà di cimentarsi con le più svariate e fantasiose alchimie parlamentari. Come è accaduto in occasione del varo di entrambi i governi dell’attuale legislatura presieduti da Giuseppe Conte.
Ma adesso che lo spavento è passato, ora che il centrodestra è diviso non meno del centrosinistra e ha meno vento nelle vele, sarebbe forse il caso che i partiti di maggioranza tornassero su quella scelta. Per almeno tre motivi.