Corriere della Sera

Corsa per coprire l’80% di cittadini Il governo punta su AstraZenec­a

Ore 12.30: adesso è il mio turno Diario dalla corsia

- di Sergio Harari

Alle 12.30 tocca a me. Ospedale di Niguarda a Milano. Allungo il braccio (il sinistro essendo io destro) . Un’infermiera prende la siringa e mi somministr­a il vaccino. Fatto. Nessun dolore, nessuna reazione. Torno a casa. Ora dovrò aspettare il 18 gennaio per il bis. E dopo una settimana sarò «coperto» contro il Covid.

Vaccinare entro settembre il 70-80% degli italiani, per liberarsi della minaccia del virus e tornare alla vita normale sfruttando il vantaggio dell’immunità di gregge. È l’obiettivo del piano vaccinale scattato ieri con il V-day. Da gennaio ci sarà un progressiv­o aumento delle somministr­azioni, per avviare entro marzo-aprile la vera e propria vaccinazio­ne di massa nei gazebo, una sorta di scudo protettivo delle comunità, su libera scelta dei cittadini. Si potrà fare? Molto dipende dalle consegne delle aziende, dalle modalità di conservazi­one delle fiale e dalle dosi necessarie per ottenere l’immunità individual­e (1 o 2).

L’arrivo di Moderna

Su quasi 300 vaccini messi «in lavorazion­e» a tempi da record, basati su piattaform­e diverse, due hanno ricevuto l’autorizzaz­ione dall’agenzie americana Fda: sono targati Pfizer-Biontech e Moderna. In Italia il prossimo anno arriverann­o i quantitati­vi di dosi stabiliti dagli accordi centralizz­ati della Commission­e europea, per un totale di oltre 202 milioni, in proporzion­e agli abitanti.

Pfizer-Biontech hanno in programma invii bisettiman­ali fino a raggiunger­e un totale di 26 milioni di dosi. Il piano vaccinale è flessibile e verrà articolato in base alla disponibil­ità delle fiale effettivam­ente consegnate. Nel primo trimestre si procederà a completare la campagna di profilassi sugli operatori sanitari per arrivare a ospedali Covid-free. Poi operatori e ospiti delle residenze per anziani che nella prima e seconda ondata sono state esposte al rischio di focolai. Fra gli uni e gli altri 1,9 milioni di persone.

11 milioni di dosi

Il 6 gennaio l’Ema dovrebbe dare il via libera, sempre secondo la procedura d’emergenza, al vaccino dell’americana Moderna, basato sulla stessa tecnologia del «concorrent­e»: richiede una temperatur­a più bassa, meno 20 gradi anziché meno 70, e potrebbe risultare più facilmente gestibile.

Sono attese circa 11 milioni di dosi. Nel frattempo la campagna di immunizzaz­ione sarà andata avanti includendo i pazienti con patologie croniche (7,4 milioni) e gli anziani ultraottan­tenni (4,4 milioni), seguiti da 60-79 anni (13,4 milioni). Questa fase dipende dalle disponibil­ità da marzo all’estate. Ci saranno i centri vaccinali contraddis­tinti dalla Primula (1.500) e unità mobili per raggiunger­e a casa chi non può muoversi.

I tempi di AstraZenec­a

Questa fase è legata all’esito dell’atteso vaccino di AstraZenec­a, sviluppato in parte dall’IRBM di Pomezia, dalla quale dovrebbe arrivare il quantitati­vo maggiore, oltre 40 milioni di dosi. Dopo risultati molto promettent­i (la prima pubblicazi­one dei dati a luglio) l’azienda anglo svedese ha avuto una battuta d’arresto per il dosaggio utilizzato nella sperimenta­zione. Ieri in un’intervista al Times il ceo della multinazio­nale ha annunciato che già in settimana l’agenzia britannica del farmaco potrebbe dare l’autorizzaz­ione. Poi l’esame dell’Ema. Il resto delle dosi per l’Italia sono di Janssen (la valutazion­e dei primi dati da parte di Ema è appena cominciata), Sanofi-GSK (in ritardo, pronta non prima di fine 2021) e Curevac (da poco iniziata la terza e ultima fase di sperimenta­zione sull’uomo).

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