Corsa per coprire l’80% di cittadini Il governo punta su AstraZeneca
Ore 12.30: adesso è il mio turno Diario dalla corsia
Alle 12.30 tocca a me. Ospedale di Niguarda a Milano. Allungo il braccio (il sinistro essendo io destro) . Un’infermiera prende la siringa e mi somministra il vaccino. Fatto. Nessun dolore, nessuna reazione. Torno a casa. Ora dovrò aspettare il 18 gennaio per il bis. E dopo una settimana sarò «coperto» contro il Covid.
Vaccinare entro settembre il 70-80% degli italiani, per liberarsi della minaccia del virus e tornare alla vita normale sfruttando il vantaggio dell’immunità di gregge. È l’obiettivo del piano vaccinale scattato ieri con il V-day. Da gennaio ci sarà un progressivo aumento delle somministrazioni, per avviare entro marzo-aprile la vera e propria vaccinazione di massa nei gazebo, una sorta di scudo protettivo delle comunità, su libera scelta dei cittadini. Si potrà fare? Molto dipende dalle consegne delle aziende, dalle modalità di conservazione delle fiale e dalle dosi necessarie per ottenere l’immunità individuale (1 o 2).
L’arrivo di Moderna
Su quasi 300 vaccini messi «in lavorazione» a tempi da record, basati su piattaforme diverse, due hanno ricevuto l’autorizzazione dall’agenzie americana Fda: sono targati Pfizer-Biontech e Moderna. In Italia il prossimo anno arriveranno i quantitativi di dosi stabiliti dagli accordi centralizzati della Commissione europea, per un totale di oltre 202 milioni, in proporzione agli abitanti.
Pfizer-Biontech hanno in programma invii bisettimanali fino a raggiungere un totale di 26 milioni di dosi. Il piano vaccinale è flessibile e verrà articolato in base alla disponibilità delle fiale effettivamente consegnate. Nel primo trimestre si procederà a completare la campagna di profilassi sugli operatori sanitari per arrivare a ospedali Covid-free. Poi operatori e ospiti delle residenze per anziani che nella prima e seconda ondata sono state esposte al rischio di focolai. Fra gli uni e gli altri 1,9 milioni di persone.
11 milioni di dosi
Il 6 gennaio l’Ema dovrebbe dare il via libera, sempre secondo la procedura d’emergenza, al vaccino dell’americana Moderna, basato sulla stessa tecnologia del «concorrente»: richiede una temperatura più bassa, meno 20 gradi anziché meno 70, e potrebbe risultare più facilmente gestibile.
Sono attese circa 11 milioni di dosi. Nel frattempo la campagna di immunizzazione sarà andata avanti includendo i pazienti con patologie croniche (7,4 milioni) e gli anziani ultraottantenni (4,4 milioni), seguiti da 60-79 anni (13,4 milioni). Questa fase dipende dalle disponibilità da marzo all’estate. Ci saranno i centri vaccinali contraddistinti dalla Primula (1.500) e unità mobili per raggiungere a casa chi non può muoversi.
I tempi di AstraZeneca
Questa fase è legata all’esito dell’atteso vaccino di AstraZeneca, sviluppato in parte dall’IRBM di Pomezia, dalla quale dovrebbe arrivare il quantitativo maggiore, oltre 40 milioni di dosi. Dopo risultati molto promettenti (la prima pubblicazione dei dati a luglio) l’azienda anglo svedese ha avuto una battuta d’arresto per il dosaggio utilizzato nella sperimentazione. Ieri in un’intervista al Times il ceo della multinazionale ha annunciato che già in settimana l’agenzia britannica del farmaco potrebbe dare l’autorizzazione. Poi l’esame dell’Ema. Il resto delle dosi per l’Italia sono di Janssen (la valutazione dei primi dati da parte di Ema è appena cominciata), Sanofi-GSK (in ritardo, pronta non prima di fine 2021) e Curevac (da poco iniziata la terza e ultima fase di sperimentazione sull’uomo).