Corriere della Sera

Scuola, i dubbi sul ritorno in classe: aspettiamo i dati

- Gianna Fregonara

La seconda partenza per l’anno scolastico in classe delle scuole superiori, nonostante le linee guida approvate martedì, è ancora tutta da organizzar­e. E sulla data, che al momento è fissata per il 7 gennaio come è scritto nel Dpcm di dicembre e come ha ribadito il premier Giuseppe Conte tre giorni fa, cominciano i primi distinguo. Il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha detto che nella sua regione si andrà per gradi: «Sento che si parla della riapertura il 7 gennaio, queste sono cose che mi fanno impazzire. Come si fa a dire “si apre” senza verificare il 3, il 4 gennaio la situazione? L’idea di mandare a scuola il 50% degli studenti è un’idea che la Campania non condivide: valutiamo un passo alla volta il rientro, ma certamente non mandiamo in blocco il 50% a scuola».

Se per ora è il solo governator­e a mettere in dubbio l’intesa siglata prima di Natale con il governo, De Luca centra il punto: quanto inciderà la percentual­e dei contagi dopo le vacanze di Natale sulle scelte per gli studenti? Il ministro della Salute Roberto Speranza era stato chiaro nella riunione tra governo e Regioni: va bene impegnarsi nel contact tracing nelle scuole, ma finché i contagi sono superiori a 50 persone ogni 100 mila abitanti, le Asl non sono in grado di farlo funzionare in modo efficiente. E del resto sulla gradualità punta anche il coordinato­re del Cts Agostino Miozzo, da un paio di mesi in prima linea per chiedere la riapertura delle scuole: «Si può ricomincia­re anche l’11, il 7 non è un comandamen­to, ci vuole gradualità», ha ribadito ieri.

Una mano alla riapertura delle scuole — anche se per le superiori con la metà degli studenti per i primi dieci giorni — la dà anche il Centro europeo per la prevenzion­e delle malattie (Ecdc) che ha pubblicato uno studio da cui si evince che le scuole non sono focolai né hanno contribuit­o più di altre attività alla seconda ondata, ma soprattutt­o che la chiusura delle scuole da sola non serve a ridurre in modo definitivo la circolazio­ne del virus e serve soltanto in caso di lockdown generale.

Comunque l’attenzione resta sulla percentual­e di contagi che ci sarà all’inizio dell’anno nuovo quando il governo

Il governator­e: non condividia­mo l’idea di mandare in blocco il 50% degli studenti

valuterà come procedere con il prossimo Dpcm. È vero che con i tavoli provincial­i, i fondi aggiuntivi per le Regioni e lo scaglionam­ento degli orari, come rivendica la ministra dei Trasporti Paola De Micheli, le criticità per bus e pullman sono più o meno state risolte e i rischi sanitari per gli studenti dovrebbero essere ridotti al minimo, ma l’organizzaz­ione dei nuovi turni nelle scuole sta cominciand­o soltanto in questi giorni. La rigidità degli orari — con più della metà degli studenti che devono entrare in classe a metà mattina e uscire nel pomeriggio — sta già mettendo a dura prova le capacità organizzat­ive dei dirigenti scolastici. Nel Lazio l’associazio­ne nazionale dei presidi sta preparando una lettera di protesta contro la rigidità degli orari che rischia di non consentire l’orario completo agli studenti.

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