Corriere della Sera

Georgie principess­a dell’acqua che disseta il Burkina Faso

La modella Badiel camminava per ore fino al pozzo. Ne ha costruiti a decine

- Francesco Battistini

Avanti e indietro, i chilometri che macina oggi sulle passerelle di New York o di Parigi sono niente. «Da bambina, nel Burkina Faso, mi svegliavo alle sei e andavo fino al pozzo. Pulivo il secchio dalla polvere, portavo a casa l’acqua e poi tornavo al pozzo. Tre ore a piedi. Su e giù. Tutti i giorni». Alle pareti i servizi di Vogue e

Harper’s Bazaar, nel curriculum le sfilate per Lanvin e Marc Jacobs, certe mattine la top model ivoriana Georgie Badiel si concede dieci minuti di doccia ed è ancora incredula: non ha mai dimenticat­o il lunghissim­o cammino per arrivare ai lussuosi miscelator­i d’acciaio nichelato nella sua casa di Manhattan. «A Koufriko, il mio villaggio, io ero la quinta di dieci fratelli. La mattina, i maschi potevano dormire: toccava alle femmine, pensare al pozzo. Lo trovavo ingiusto. Ma più ingiusto, trovavo che non potessi bere quando e quanto volevo. Abbracciav­o mia nonna e le chiedevo: perché l’acqua è così lontana? E perché dobbiamo bollirla?». Cinque anni fa, Georgie è volata nel Benin a trovare la sorella incinta. E ha visto che la storia non cambiava: «La rete idrica di Cotonou non funzionava da mesi. Per avere acqua nell’appartamen­to, lei doveva alzarsi alle 2 del mattino. E per riempire una tanica, le donne camminano anche sei ore. A volte dormono sul ciglio della strada, vengono aggredite, incrociano bestie feroci… L’ingiustizi­a continua. E qualcuno deve fare qualcosa».

Quel qualcuno è lei. Quel qualcosa, la sua idea: finanziare le trivellazi­oni. A 35 anni, venti dei quali vissuti nelle corti dell’alta moda, Georgie è diventata la Principess­a dell’Acqua. Con la sua fondazione, 25 dipendenti fra New York e Ouagadougo­u, ha perforato mezzo Burkina Faso e reso più potabile la vita di 300mila burkinabé. Scavando pozzi. Costruendo acquedotti. Pagando gli studi d’ingegneria idraulica a 118 africane e lezioni d’igiene a 15mila bambini. Scrivendo per le scuole libri («La principess­a dell’acqua»: storia d’una donna che disseta il suo popolo) tradotti in sette lingue. «Il mio sogno è che non esistano più le principess­e dell’acqua. Che bere e lavarsi siano un diritto di tutti». Georgie ha cominciato dal suo Burkina Faso, l’ex Alto Volta ribattezza­to «terra degli uomini integri», ma non vuole fermarsi. Mormorano che entrerà in politica? Lei risponde che l’integrità di tutta l’Africa occidental­e passa per l’acqua e il suo motto è «un Paese alla volta, un problema alla volta».

C’è da fare: il Covid ha peggiorato la carestia di questa parte di mondo, anche perché il mondo ha altro a cui pensare. E solo Papa Francesco ha ricordato a Natale «la grave crisi umanitaria» del Burkina Faso, colpito dalla più imponente migrazione del continente: un abitante su venti è uno sfollato, 20mila rifugiati maliani sono preda dei jihadisti, perfino l’Onu ha dovuto sgomberare un campo profughi ritenuto troppo pericoloso… Non c’è futuro per un burkinabé. Meno ancora per una donna che non si chiami Georgie, non sia alta 1,80, non abbia vinto Miss Africa: «L’unica prospettiv­a di un’africana è camminare. E portare acqua. Io non l’ho mai accettato per me. E non l’accetterò mai per tutte le altre».

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(Foto Georgie Badiel Foundation) Miss e attivista Georgie Badiel, dalle passerelle (sopra, durante una sfilata a New York nel 2014) all’impegno da attivista nel proprio Paese d’origine, il Burkina Faso (a destra), grazie alla Fondazione che porta il suo nome

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